Mária Telkes, Rachel Carson, Sylvia Earle, Eunice Newton Foote: innumerevoli studi, scoperte e ricerche rivoluzionarie condotte da donne di scienza hanno segnato un punto di svolta nella comprensione della natura. La loro storia è ripercorsa nel libro “Prime. Dieci scienziate per l’ambiente”, di cui parla un articolo di Valigia Blu.
Il contributo femminile nei vari campi degli studi scientifici e umanistici occupa una parte importante del discorso pubblico attraverso convegni, incontri e pubblicazioni. Nel contesto di questo dibattito va inserito il libro Prime. Dieci scienziate per l’ambiente, edito da Codice e curato da Mirella Orsi e Sergio Ferraris. Orsi è chimica ed esperta in divulgazione scientifica, mentre Ferraris è un giornalista specializzato in scienza e tecnologia. Arricchito da una prefazione di Maurizio Melis, questa panoramica delle principali scoperte scientifiche fatte da donne abbraccia tutta l’epoca moderna e contemporanea.
La storia delle dieci scienziate è affidata ad altrettanti narratori e narratrici con un retroterra scientifico, in numero assolutamente equo fra donne e uomini. Si tratta di una selezione, come sottolineano i curatori nella prefazione, in quanto la lista delle scienziate che hanno contribuito allo sviluppo delle conoscenze umane in campo scientifico è naturalmente molto più lunga. La selezione ha seguito un criterio comune, ovvero in quale modo le scoperte di queste scienziate hanno avuto un impatto fondamentale sull’ambientalismo e sull’ecologia. Vere e proprie pioniere, dimenticate oppure variamente svalutate, nonostante l’attenzione che le loro scoperte avevano attratto da parte della scienza istituzionale – ovvero quella capitanata dagli scienziati uomini inseriti nei circuiti accademici – meritano oggi di essere riconosciute, e le loro storie raccontate anche a titolo di esempio. In quanto destinate all’oblio, non sono studiate sui libri di scuola, né conosciamo le loro storie, i risvolti e le vicende anche personali, come invece accade con le vite dei grandi scienziati.
Si tratta quindi di una serie di ritratti ricavati a volte da fonti molto carenti, come è il caso di Maria Sibylla Merian – raccontata da Giorgia Marino, giornalista specializzata in ecologia e ambiente – le cui appassionate ricerche nell’ambito dell’entomologia dimostrano un approccio che si potrebbe definire ecologico, nonostante, come sottolinea l’autrice, la nascita dell’ecologia come scienza venga tradizionalmente datata al 1799 con la partenza di Von Humboldt per il Sud America. Il ritratto vede invece la scienziata svizzera naturalizzata olandese dedicarsi fin dalla seconda metà del Seicento a esperimenti che gettano le basi della mentalità ecologica, e che per varie ragioni nell’Ottocento erano già finiti nel dimenticatoio. Come ricorda Marino, l’approccio ecologico allo studio della natura è invece oggi al centro dell’interesse accademico. A ciò si potrebbe aggiungere che la stessa postura viene attualmente adottata anche nel vasto campo delle scienze umane, a dimostrazione di quanto le ricerche di Merian possano oggi esserci utili per comprendere un mondo che sembra sfuggirci di mano.
Noi ci siamo
Quando è nata Avis Legnano i film erano muti, l’Italia era una monarchia e avere una radio voleva dire essere all’avanguardia. Da allora il mondo è cambiato, ma noi ci siamo sempre.