La diffusione non consensuale di immagini intime è un reato riconosciuto dal codice penale, ma c’è ancora poca informazione e consapevolezza su cosa fare per proteggersi dalle sue implicazioni. Ne scrive InGenere.
Anche se la diffusione non consensuale di immagini intime è stata riconosciuta come reato dal codice penale italiano, quando ci si trova di fronte alla condivisione tramite internet e social media di contenuti sessualmente espliciti e privati senza il consenso delle persone coinvolte è ancora lo spaesamento a dominare sensazioni e comportamenti.
La matrice di questo tipo di violenza è culturale e strutturale; a cambiare è solo lo spazio in cui viene perpetrata. Si tratta a tutti gli effetti di una forma di violenza di genere agita attraverso il digitale, e che ha effetti e conseguenze concrete sui corpi e sulle vite delle persone, spiega Chayn Italia – piattaforma femminista che contrasta la violenza di genere attraverso strumenti digitali e pratiche collaborative, parte di un network internazionale che unisce India, Pakistan e Regno Unito – che ha appena lanciato un toolkit sull’argomento.
All’interno del toolkit che contiene anche alcuni consigli sull’autotutela digitale, sono raccolte informazioni utili per comprendere meglio cos’è la diffusione non consensuale di immagini intime (Dncii, spesso impropriamente chiamata “revenge porn”), e a quali strumenti si può ricorrere per salvaguardarsi “nel caso in cui una tua immagine sia stata diffusa senza il tuo consenso, per sostenere e supportare una persona a te vicina a cui è capitata la stessa esperienza o per sapere come inviare le tue immagini intime in modo più sicuro”, come si legge nel toolkit.
Un lavoro partito dalle esperienze
“Come organizzazione che contrasta la violenza di genere attraverso gli strumenti digitali e le pratiche transfemministe collaborative, siamo attive dal 2016” ci spiega Chiara Missikoff, attivista di Chayn Italia.
“Una prima parte del nostro attivismo si è concentrata nel creare strumenti digitali che potessero aiutare chi vive relazioni violente a trovare informazioni per l’accesso ai servizi sul territorio. Negli ultimi anni, e in particolar modo con la pandemia, abbiamo iniziato a ragionare molto di più su come le tecnologie potessero essere anche usate per agire violenza e di conseguenza abbiamo iniziato ad approfondire la violenza digitale di genere”, continua.
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(Foto di horacio olavarria su Unsplash)
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Quando è nata Avis Legnano i film erano muti, l’Italia era una monarchia e avere una radio voleva dire essere all’avanguardia. Da allora il mondo è cambiato, ma noi ci siamo sempre.