La disabilità sembra essere stata esclusa dal dibattito politico sulle imminenti elezioni. Nel corso degli ultimi anni abbiamo spesso dovuto dare voce ad appelli e denunce delle associazioni sulla lentezza e inefficienza della politica verso questo aspetto. Oggi il problema si ripresenta come prospettiva sul futuro, dato che nessuno dei candidati a guidare il Paese dopo le prossime elezioni si è espresso con proposte per la disabilità. Né in forma di generici annunci (una specialità dei nostri politici), né con progetti più precisi.

A denunciare questo vuoto è in questo caso un giornalista, Francesco Riccardi, che dalle colonne dell’Avvenire lancia l’accusa a tutto l’arco politico. Innanzitutto va ricordato che la disabilità, come scrive Redattore Sociale, «Riguarda direttamente oltre 4 milioni di italiani, a cui si aggiungono le migliaia di familiari. È la prima causa di impoverimento economico e determina una condizione di grave marginalità, a volte perfino di segregazione». Ma veniamo alla questione di cui si occupa Riccardi, che senza girarci troppo intorno affronta l’argomento fin dal primo paragrafo: «L’aumento dell’assegno di invalidità, fermo ad appena 282 euro al mese». Si tratta di un grosso problema, che segna una forte disuguaglianza tra pensioni d’invalidità e pensioni minime. Visto che le proposte che vanno nella direzione di un aumento della spesa pubblica si stanno rincorrendo in questi giorni, sarebbe bello sentire qualcuno farsi carico di questa promessa. «Persino chi ha lanciato l’idea di raddoppiare da 500 a 1.000 euro le pensioni minime, comprendendo nel novero dei beneficiari anche “le nostre mamme che hanno lavorato tutti i giorni a casa e che devono poter avere la possibilità di trascorrere una vecchiaia serena e dignitosa”, non ha fatto cenno alcuno all’assegno di invalidità. Tutela prevista dalla Costituzione per chi è inabile al lavoro, ma che attualmente rimane ben al di sotto tanto delle pensioni minime (501 euro al mese), quanto dell’assegno sociale, la misura destinata agli ultra 66enni senza mezzi sufficienti (453 euro al mese)».

La disabilità è già di per sé una grossa difficoltà da affrontare, dal punto di vista pratico, per la persona e per la sua famiglia. Un contributo troppo esiguo non fa che acuire i disagi a carico del cittadino con disabilità. «Per comprendere l’esiguità di un tale trattamento basta ricordare che la soglia di povertà assoluta – calcolata dall’Istat sulla base dell’acquisto di un paniere di beni e servizi considerati essenziali – varia per una persona sola da 552 euro in un piccolo paese del Sud a 819 euro in una grande città del Nord – scrive Riccardi –. Come a dire che un invalido per vivere in maniera appena dignitosa a Milano o a Torino avrebbe necessità di un assegno almeno triplo rispetto al livello attuale. E non vale l’argomento che molti degli invalidi ricevono pure la cosiddetta “Indennità di accompagnamento”, 516 euro per dodici mensilità l’anno. Perché questa – riservata agli inabili al 100 per cento incapaci di deambulare o di “compiere gli atti quotidiani della vita” – è necessaria per pagare (almeno parzialmente) l’assistenza di una persona dedicata o, più spesso, “indennizzare” dei mancati guadagni un familiare che sacrifica la propria vita lavorativa per dedicarsi all’assistenza del disabile».

Dal punto di vista delle coperture, Riccardi fa notare come in passato si siano trovati senza troppi indugi i soldi per misure rivelatesi piuttosto apprezzate, ma destinate ad aiutare chi già percepisce un reddito: «Portare l’assegno mensile da 280 almeno a 453 euro, il livello dell’assegno sociale, costerebbe circa 6 miliardi e 600 milioni di euro. Allineare le provvidenze al livello delle pensioni minime, invece, fino a 8,5 miliardi. Certamente non poco, però neppure una cifra impossibile o irragionevole, se si considera che il bonus da 80 euro per i lavoratori dipendenti costa 10 miliardi di euro l’anno». Certo resta pur sempre vero il fatto che non è proprio il momento di giocare a chi offre di più sul piatto dell’aumento della spesa pubblica. Ma un tentativo di migliorare la situazione di chi percepisce l’assegno di invalidità sarebbe per lo meno una proposta costruttiva, in contrasto rispetto alla tendenza all’“abolizionismo” che sta caratterizzando la campagna elettorale.

La Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) si associa alla proposta di Riccardi, e sottolinea inoltre l’importanza di rivedere i criteri di assegnazione: «Oggi è ancora una modalità improntata al pregiudizio e alle distorsioni: la persona con disabilità è un potenziale truffatore, un furbetto. Oppure è un malato da proteggere e da cui proteggersi. Non è una risorsa, non è una persona con le sue caratteristiche o le sue peculiarità. Il risultato è un percorso kafkiano, costoso, conflittuale, inutile a descrivere le diverse situazioni personali e a contribuire a costruire un progetto di vita e a realizzarlo con strumenti e misure adeguate».

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