Ieri, giornata internazionale delle persone con disabilità, i nostri politici hanno avuto poco da festeggiare e molto da riflettere. Non è mancato ovviamente il solito convegno-alla-presenza-delle-più-alte-cariche-dello-Stato, per usare una formula giornalistica particolarmente trita. Le chiacchiere e i complimenti sono sempre elargiti con grande generosità. A mancare sono invece politiche serie per l’inclusione sociale, che è proprio il tema scelto quest’anno come fil rouge della giornata. La denuncia arriva da varie associazioni e soggetti impegnati nella lotta per i diritti delle persone disabili.

L’attacco più veemente è di Salvatore Usala, malato di Sla e segretario nazionale del Comitato 16 novembre, che in un video messaggio accusa il governo di non aver mantenuto le promesse: «Ogni anno il governo celebra questo giorno ricordando l’importanza di garantire i diritti delle persone con disabilità, vantandosi delle poche cose fatte e promettendo grandi cose per il futuro. Sembra quasi che tutto vada bene o, peggio, che le cose che non vanno siano causate da eventi naturali. È ora di smetterla con questa ipocrisia, siamo stanchi di assistere a convegni e campagne di facciata senza affrontare seriamente i problemi che vivono ogni giorno le persone con disabilità, persone che stanno pagando sulla loro pelle i feroci tagli alle politiche sociali e agli enti locali dal 2008 a oggi».

Il nodo principale attorno a cui ruota la critica di Usala è la promessa di definire un Piano nazionale per le non autosufficienze entro il 2015, che è ormai una possibilità remota. Per questo motivo, il comitato ha deciso di sospendere qualsiasi festeggiamento per la giornata di ieri, sottolineando il fatto che oltre al rifinanziamento del Fondo per le non autosufficienze, per 400 milioni di euro, questo governo non ha fatto nient’altro per migliorare le condizioni di vita delle persone con disabilità gravi. «Vogliamo – conclude Usala – che i diritti delle persone non autosufficienti siano esigibili su tutto il territorio nazionale, senza più disuguaglianze territoriali. Quando questa promessa sarà mantenuta, allora saremo i primi a celebrare la giornata insieme al governo e a tutte le persone con disabilità».

Toni meno accesi nelle parole di Vincenzo Falabella, Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (Fish), ma comunque il messaggio è sempre quello di una costante attesa per le riforme necessarie a migliorare le condizioni di vita delle persone con disabilità: «Abbiamo osservato evoluzioni e accelerazioni, ma ora abbiamo una stringente necessità di avviare e consolidare compiute politiche inclusive delle persone con disabilità per migliorane la effettiva condizione di vita: lavoro, sostegni alle persone e alle famiglie, dopo di noi, autonomia personale e vita indipendente, scuola, revisione dei criteri di valutazione della disabilità. Anche queste scelte politiche sono l’indicatore della civiltà di un Paese che stiamo attendendo». La Fish pubblica alcuni dati che è importante analizzare per capire a cosa fanno riferimento Falabella e Usala.

Innanzitutto, «il 70 per cento delle famiglie con persone con disabilità non fruisce di alcun servizio a domicilio. Meno di 7 disabili su 100 contano su forme di sostegno presso la propria abitazione. Ciò significa che nella maggior parte dei casi le famiglie gestiscono da sole ciò che i servizi non offrono, rinunciando a molto, spesso anche al lavoro. E questo riguarda in particolare e ancora migliaia di donne a cui è delegato forzosamente quel lavoro di cura che non conta su alcun riconoscimento né formale né sostanziale». Un lavoro che dura tutto l’anno, togliendo tempo ed energie alle persone impegnate in questa opera di assistenza costante. A chi dice che comunque si stanno facendo passi avanti nel campo dell’integrazione, rispondiamo con i dati sull’impiego: «meno di un disabile su cinque lavora, con ciò che ne deriva in termini di realizzazione personale e di mancato guadagno. Non è un caso che la disabilità sia uno dei primi determinanti dell’impoverimento e della povertà. La condizione di disabilità sospinge verso la marginalità, erode giorno dopo giorno risorse alle famiglie e ai singoli».

Inoltre, se non si investe non si ottengono risultati, e il nostro Paese non brilla in tal senso: «L’Italia spende poco per la disabilità: 430 euro procapite (dati Eurostat), posizionandosi al di sotto della media europea (538) nella parte bassa della classifica. La spesa media annua dei Comuni per disabile è inferiore ai 3mila euro l’anno con una spesa giornaliera di 8 euro. Profonde sono le disparità territoriali: 469 euro in Calabria, 3.875 in Piemonte». C’è quindi poco da festeggiare, e molto da lavorare.