Torniamo sulla questione del calcolo dell’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) per le famiglie con disabili, perché i timori di molte associazioni sull’effetto penalizzante della sentenza del Consiglio di Stato (ne abbiamo parlato qui) sembrano confermati. Gli economisti Manuel Reverberi e Andrea Trapani hanno pubblicato su Lavoce.info i risultati di alcune elaborazioni fatte sulla base dei nuovi criteri, e sembrerebbe che in futuro le famiglie con redditi più alti saranno avvantaggiate rispetto a quelle a basso reddito. Un’iniquità che viene denunciata fin dal giorno della sentenza (qui la nota di Anffas), ma che oggi trova conferma nei numeri portati dai due economisti.
Riprendendo brevemente la questione, il CdS ravvisava un meccanismo penalizzante per le famiglie comprendenti persone con disabilità, che vedevano il proprio reddito incrementato da trattamenti assistenziali come le pensioni, gli assegni, l’indennità di accompagnamento, ecc., oltre alle prestazioni spettanti per la formazione e per l’università. Disponeva così che queste voci non rientrassero nel computo dei redditi che concorrono a determinare l’Isee. L’emendamento contenuto nel decreto legge che ha recepito la sentenza ha inoltre previsto «L’abbandono del sistema di franchigie e deduzioni per le famiglie con disabili, incluse le spese connesse con la condizione di disabilità o non autosufficienza; La maggiorazione del coefficiente di equivalenza di 0,5 per ogni componente disabile».
Prima di andare oltre e dare un’occhiata ai numeri, riprendiamo come inciso una riflessione del docente di statistica Ugo Trivellato, che il 3 aprile scriveva su Eticaeconomia: «È almeno paradossale che sull’Isee il CdS si sia pronunciato in maniera opposta: prima dando il prescritto parere – favorevole – sullo schema di decreto; poi annullandone alcune disposizioni una volta emanato. Certo, nel primo caso si è espresso in sede consultiva, nel secondo in sede giurisdizionale. Ma è distinzione che sa di causidico. Si tratta dello stesso testo, vagliato dallo stesso organo, su un’innovazione di rilievo per il cammino del welfare italiano che ha richiesto oltre tre anni di impegno e fatica e che viene ora messa in scacco». Il percorso di riforma dell’Isee è iniziato infatti nel 2013 e secondo molti, pur con aspetti da rivedere, stava andando nella direzione giusta. La sentenza ha interrotto il processo, portando a una modifica posticcia e controproducente delle regole.
Venendo ai numeri, i grafici pubblicati su Lavoce.info mettono in luce l’iniquità del nuovo Isee che, se pure complessivamente ha l’effetto di abbassare la valutazione della situazione economica della maggior parte delle famiglie (aumentando in generale le possibilità di accedere al welfare), questi vantaggi sembrano concentrati nella fascia di famiglie a reddito più alto. Il fenomeno è evidente se si guarda il Grafico 2 dell’articolo, che viene spiegato così: «I correttivi adottati determinano una riduzione dell’Isee per gran parte dei nuclei con disabili (circa il 72 per cento). Tuttavia, risulta evidente un miglioramento della posizione relativa dei nuclei più ricchi rispetto a quelli con reddito medio-basso; d’altro canto, per il 25,6 per cento del totale delle famiglie con disabili (i punti al di sopra della bisettrice) l’Isee sembrerebbe aumentare».
Più avanti, viene portato l’esempio di due famiglie con redditi molto diversi (100mila euro e 20mila euro). Col sistema in vigore nel 2013 l’Isee della famiglia 1 sarebbe stato di 36.789 e quello della famiglia 2 di 4.268. Nel 2016, gli stessi redditi darebbero un Isee di 31.757 alla famiglia 1 e 4.730 alla famiglia 2. Come si vede, complessivamente l’Isee per le due famiglie è sceso, ma in realtà a tutto vantaggio della famiglia più ricca, mentre quella con reddito più basso vede l’indicatore addirittura crescere. Non dimentichiamoci che l’Isee dovrebbe essere uno strumento di equità, per cui chi più ha bisogno, più riceve. In questo caso, nel tentativo di difendere un principio corretto, si è fatto un pasticcio che rischia di distorcere il risultato.