Sempre più spesso, sulla stampa, la disabilità non è il pretesto per parlare di storie straordinarie (nel bene e nel male), bensì di storie ordinarie. Spieghiamo meglio: è forse più importante quando una persona con disabilità riesce a entrare nella “normalità” del mondo che la circonda, piuttosto che quando, per il suo essere disabile, ottiene qualcosa di straordinario come la visita del calciatore o del cantante di turno. Non sottovalutiamo l’importanza di questi gesti, che possono regalare momenti di vera gioia a chi non è abituato a provarne tanto spesso. Ma, quando leggiamo che una persona con disabilità riesce a fare ciò che avrebbe sempre voluto, ci sembra di vedere nella sua storia una gioia più duratura, data dalla soddisfazione di realizzare con i propri sforzi un sogno. Non è un episodio, bensì l’inizio di qualcosa, che dal giorno entra a far parte dell’“ordinario”, e forse ci fa vedere nel protagonista del racconto una persona non più “diversamente” abile, ma solo abile in ciò che fa.

C’è per esempio Paolo Rinaldi, ragazzo di 32 anni che ha fatto parte della delegazione italiana che ha partecipato agli Special Olympics World Summer Games di Los Angeles, vincendo l’oro nella disciplina dei 10.000 metri. La prima di 85 medaglie conquistate dalla nazionale italiana. Non si è fermato lì Paolo, perché ha portato a casa un bronzo nei 5.000 metri e una argento nella staffetta 4×400 (assieme a Laura Castagna, Samuele Borgna e Paolo Strata). Le sue dichiarazioni prima della partenza sono un esempio di sportività: «Il pensiero delle gare mi fa venire i brividi; l’emozione più grande è il pensiero di poter stringere la mani agli avversari, vittoria o sconfitta che sia. La possibilità di far parte di questa delegazione è già un grande risultato ed un motivo di grande orgoglio; se arriva la medaglia tanto meglio ma ciò che maggiormente mi gratifica è la consapevolezza di aver dato il massimo delle mie possibilità».

Oppure c’è la storia di Simona Atzori, che senza braccia è riuscita a diventare pittrice, ballerina e scrittrice. Tre discipline che non hanno bisogno della disabilità per essere percepite come eccezionali. Attraversando l’Oceano troviamo storie “diversamente ordinarie” (passateci la definizione) anche nel mondo della moda: Rebekah Marine, 28enne statunitense che sognava di partecipare alle sfilate. Siccome è nata senza un braccio, ha sempre pensato che per lei sarebbe stato impossibile riuscirci. Poi, quattro anni fa, ha deciso di provarci. Ha fatto ricorso a una protesi e si è buttata in questo mondo. La perseveranza paga: Rebekah ha sfilato qualche giorno fa alla New York Fashion Week. Le sue parole confermano quanto scrivevamo all’inizio dell’articolo: «Negli Stati Uniti una persona su cinque ha qualche genere di disabilità. Bisogna smettere di pensare alle differenze come un condizionamento negativo, e cominciare a vederle come la normalità. Anzi,come una opportunità».

Parallelamente a queste storie di ordinaria felicità, crea disappunto apprendere come, ancora una volta, l’anno scolastico sia cominciato in Italia con una carenza di insegnanti di sostegno che è ormai strutturale. «Gli alunni certificati ad oggi sono già 217mila – dice il Ministero dell’istruzione – e le assunzioni effettuate fra agosto e settembre hanno colmato 14mila posti finora rimasti vuoti di anno in anno consentendo la copertura del 100 per cento del fabbisogno (deroghe a parte) in quasi tutte le regioni». Secondo Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori), le cose stanno diversamente: «Di fatto ogni anno ci sono 5mila nuovi alunni disabili, e anche dopo la legge sulla Buona Scuola e le relative assunzioni, di fatto l’organico sul sostegno rimane fermo all’80 per cento del necessario. “La riforma della Buona Scuola – dice il presidente Marcello Pacifico – non ha sanato il problema della mancanza di insegnanti di sostegno nelle scuole italiane: perché a fronte dei 120mila docenti necessari a mantenere il rapporto di un docente ogni due alunni ‘certificati’, continuiamo a stare fermi a circa 90mila insegnanti stabilizzati. Anche quest’anno gli altri posti saranno così coperti da supplenti, pur in presenza di oltre 12mila docenti specializzati con i corsi Tfa e di scienze della formazione primaria, lasciati a stagnare nelle graduatorie d’Istituto. Dando così il La alle denunce delle famiglie e delle scuole per mancanza di docenti”». Ecco, questo è il tipo di normalità alla quale non ci vogliamo mai abituare.

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