Per milioni di persone, l’imminente stagione estiva è sinonimo di vacanze al mare. Magari a casa di amici, parenti o esprimendosi in abili acrobazie organizzative per risparmiare un po’, ma difficile rinunciare a qualche giorno di relax in spiaggia. Ma non per tutti, una volta giunti a destinazione, le preoccupazioni sono finite (o per lo meno rimandate a settembre). Le tante persone con difficoltà motorie, spesso, sono accolte da strutture balneari non pronte a riceverle. Norme e sanzioni sono previste dalla normativa, ma nonostante ciò i disagi non mancano. Di seguito un estratto dell’articolo di Simone Fanti, pubblicato sul blog InVisibili, in cui si propone di creare un database partecipato delle località marittime italiane e delle loro condizioni di accoglienza. Per contribuire, è sufficiente rispondere al questionario pubblicato in calce all’articolo.

Si fa presto a dire vacanze al mare. Al di là della crisi economica, acuita dai continui tagli al welfare, la difficoltà è sempre la stessa e ha il nome di accessibilità. Nonostante l’articolo 23 della legge del 5 febbraio 1992 preveda una multa e la chiusura da uno a sei mesi dell’esercizio pubblico che discrimini una persona con disabilità, le spiagge a norma (il decreto ministeriale 236/1989 ne definisce le caratteristiche di accessibilità) sono ben poche in Italia. Peccato che nessun imprenditore abbia la lungimiranza di investire in questo settore e attrarre così una fetta consistente di popolazione: l’8 per cento degli italiani sono persone con disabilità.

«Il mercato potenziale è di 5 milioni di persone in Italia e di 75 milioni in Europa», spiega Roberto Vitali, presidente di Villageforall. «E ognuna di queste persone con disabilità viaggia in media con almeno tre accompagnatori al seguito». La crisi può essere quindi uno stimolo per migliorare l’accessibilità, anche perché rendere più fruibile una struttura non va solo a vantaggio delle persone con disabilità, ma può essere di aiuto alle mamme con i passeggini o semplicemente agli anziani che su una passerella camminano con maggiore facilità rispetto a un viottolo acciotolato o alla sabbia. L’accessibilità non significa solo abbattimento delle barriere architettoniche (anche se questo sarebbe un gran passo avanti) ma anche accoglienza, ovvero la reale consapevolezza che ricevere un ospite con una disabilità significa farlo sentire a casa sua e regalargli una vera vacanza, se non dalla disabilità, almeno dalle preoccupazioni.

«I primi interventi che vengono effettuati in uno stabilimento balneare sono l’adozione di passerelle e delle sedie Job», spiega Max Ulivieri, responsabile di Diversamenteagibile.it. «Certamente il personale che gestisce delle spiagge accessibili, se ha esperienza con la disabilità, rende un servizio migliore: ogni tipologia di disabilità ha le sue esigenze. Per i disabili con fragilità mentale, il discorso è più delicato. Certamente è auspicabile che abbiano una persona con sé che possa aiutarli e prendersene cura. Altrimenti ci vuole personale specializzato all’interno della spiaggia, ma poi chi lo paga?». Nel nostro piccolo vorremmo essere d’aiuto, ma da soli non ce la facciamo, ed è per questo che vi chiediamo una mano. InVisibili infatti vorrebbe costruire una mappa delle spiagge più accessibili d’Italia. Alcuni elenchi di spiagge accessibili sono facilmente reperibili sui siti amici di disabili.com, turismosenzabarriere.it e diversamenteagibile.

Vogliamo però andare oltre e cercare di verificare le spiagge grazie a voi lettori (Leggi Io, verificatore contro le vacanze «inaccessibili»). Sarete i nostri occhi, le nostre ruote, il nostro metro. Nessun giudizio opinabile, ma misure concrete, un elenco di c’è-non c’è che offra al futuro visitatore l’idea esatta di quello che potrà trovare o non trovare recandosi nella spiaggia indicata (gli esperti la chiamano accessibilità trasparente). Ecco quindi cosa si intende per spiaggia accessibile sotto forma di questionario (vedi qui, in fondo all’articolo).