La Royal Society of Chemistry (Rsc), importante società scientifica inglese che pubblica diverse riviste specializzate, ha analizzato gli oltre 700mila articoli ricevuti dal 2014 al 2018, per capire se nel processo editoriale ci fossero distorsioni legate al genere sessuale. La risposta è sì, e i risultati sono articolati in un report uscito all’inizio di novembre. Alcune percentuali aiutano a capire meglio il fenomeno.

Il problema del corresponding author

Solo il 35,8 per cento degli autori è costituito da donne, per esempio. C’è poi il problema della posizione di corresponding author, che è particolarmente rilevante in ambito scientifico perché è un ruolo di prestigio e importanza all’interno dei team di ricerca (si parla per la maggior parte di articoli firmati da più scienziati). Solo il 23,9 per cento degli articoli presentati hanno una donna nel ruolo di corresponding author, segno che lo squilibrio avviene anche prima che cominci il processo editoriale vero e proprio. Le percentuali comunque scendono man mano che questo prosegue: solo il 23,2 per cento dei paper accettati dagli editori e mandati alla peer review vedono delle donne come corresponding author; la percentuale scende 22,9 per quanto riguarda i paper accettati per la pubblicazione dopo la peer review. Sempre in ambito autoriale, solo il 19,6 per cento degli articoli inviati da un unico autore sono inviati da una donna. Anche dal punto di vista delle citazioni si rispecchia il divario di genere. Solo il 18,4 per cento di esse riguarda articoli che hanno donne come corresponding author. Come ha ammesso la Rsc, «c’è una complessa interazione di sottili distorsioni che avvengono lungo la catena di pubblicazione, che finisce per mettere le donne in svantaggio quando devono disseminare le loro ricerche». Le donne, ha rilevato lo studio, sottopongono più raramente degli uomini i propri articoli a riviste con un alto impact factor (l’indice che determina il prestigio di un giornale scientifico). Esse tendono a essere sottorappresentate anche dal lato editoriale, comparendo più raramente come incaricate della revisione di un articolo. Allo stesso tempo, quando lo sono si trovano molto spesso a dover revisionare articoli che hanno corresponding author donne. In generale, inoltre, i revisori (maschi e femmine) tendono a raccomandare revisioni sostanziali (piuttosto che accettare o chiedere minime correzioni) quando il corresponding author è donna. Le revisore accettano o raccomandano piccole modifiche nei paper con questa caratteristica più spesso rispetto ai colleghi uomini.

Un problema già conosciuto

Questa ricerca non è ovviamente la prima nel suo genere, ma conferma ed estende quanto già rilevato da altri studi. Un lavoro intitolato Gender in the Global Research Landscape prendeva in considerazione le ricerche pubblicate a livello mondiale e riportava risultati compatibili con quelli della Rsc: le donne pubblicano meno paper di ricerca degli uomini; le donne hanano meno probabilità di collaborare a livello internazionale in articoli di ricerca. La Società ha dichiarato che intraprenderà alcune azioni per combattere questa disparità di trattamento, offrendo tra le altre cose un training specifico al suo staff editoriale e reclutando più donne nei livelli apicali della sua struttura.

(Foto di Ani Kolleshi su Unsplash)