Messo alle spalle il silenzio surreale che ha caratterizzato le lunghe settimane di lockdown, le nostre città sono tornate alla realtà chiassosa di sempre. Le auto sfrecciano come prima, il traffico aereo ha ripreso il suo corso, e così pure gli altri suoni che caratterizzano gli ambienti che frequentiamo.

Si tratta di fenomeni che normalmente non superano il livello di volume considerato “sicuro”. Non sono niente di nuovo, non ci allarmano, in generale tendiamo a considerarli “rumore di fondo”, e quindi a ignorarli. Ma davvero la nostra mente non ci fa caso – si chiede la neuroscienziata Nina Kraus su Nautilus – anche se non li sentiamo coscientemente?

Una risposta ci arriva dall’esperienza diretta, quando un suono continuo a cui non stiamo prestando attenzione smette di colpo. Può trattarsi dell’impianto di condizionamento, del motore acceso di un camion, ecc. Improvvisamente “sentiamo” il silenzio, e ci sentiamo sollevati, anche se prima non eravamo coscienti di provare alcun fastidio. Se le nostre orecchie non sono danneggiate da questo tipo di suoni, secondo gli scienziati lo è la nostra mente.

Impatto negativo

Un ambiente rumoroso ha diversi impatti negativi che hanno poco a che fare con l’udito di per sé. L’esposizione cronica al rumore (per esempio vivere vicino a un aeroporto) può portare a una riduzione nella percezione della qualità della vita, un aumento dello stress e dei livelli di cortisolo, oltre a problemi di memoria e apprendimento. Può inoltre generare difficoltà nel portare a termine compiti impegnativi e addirittura disturbi al sistema cardiovascolare.

Kraus cita l’esempio di una scuola di New York, con classi dal rendimento diverso a seconda dell’esposizione a una fonte di forte rumore (una linea del tram sopraelevata). Una delle classi aveva le finestre rivolte alla sopraelevata, mentre un’altra era dall’altra parte dell’edificio. Gli studenti della prima avevano un ritardo tra i 3 e gli 11 mesi nell’apprendimento della lettura rispetto ai compagni dell’altra classe. I danni in questo caso non erano permanenti, e infatti una volta installati dei rivestimenti per limitare il rumore, le due classi sono tornate a livelli di rendimento simili.

Il rumore è uno dei principali responsabili che impediscono di dormire bene. Esso ha effetti sulla quantità e qualità del sonno: fa rimanere svegli fino a tardi e fa svegliare prima la mattina. I suoni del traffico possono ridurre i periodi di sonno REM, quelli di sonno profondo, e in generale la sensazione di ristoro che normalmente dà una dormita notturna.

Inquinamento acustico nei bambini

Queste constatazioni destano preoccupazioni soprattutto per quanto riguarda i bambini, soprattutto se molto piccoli. Essi infatti sono in una fase di continuo apprendimento, e l’esposizione ai rumori può penalizzarli.

Si pensi per esempio ai bambini nati prematuri, costretti a passare del tempo in un ambiente rumoroso come un reparto di terapia intensiva neonatale. Lo sviluppo dell’area del cervello che processa i suoni può essere compromessa da suoni continui come i sistemi di monitoraggio medico, i ventilatori e altri dispositivi ben diversi da quelli che ascoltano nella fase intrauterina, come il battito cardiaco, i suoni digestivi e la voce filtrata della madre.

Il problema rischia di ricadere maggiormente su bambini che fanno parte di nuclei familiari difficili, che spesso crescono in un ambiente meno linguisticamente stimolante e al contempo tendono a vivere in quartieri più rumorosi (traffico, treni, zone industriali, ecc.).

Come uscirne?

Kraus indica alcune possibili soluzioni per arginare il problema. Innanzitutto bisogna riconoscerlo in quanto tale. Ci sono strumenti (anche app per il telefono) che permettono di valutare l’inquinamento acustico del luogo in cui ci si trova, per capire quanto si è esposti a rumori durante la giornata.

Un modo per affrontare la questione è usare degli auricolari isolanti quando necessario. Ce ne sono diverse tipologie, con livelli di isolamento diversi a seconda della situazione.

Ci sono poi le cuffie con cancellazione attiva del suono. Si tratta di dispositivi che emettono suoni in controfase rispetto alle frequenze dove di solito si concentrano i rumori. L’opposizione tra le onde sonore esterne e quelle emesse dalle cuffie crea il silenzio. Ma si tratta pur sempre di una cancellazione “attiva”, che alla lunga può portare affaticamento.

In molti casi si tratta di soluzioni non universali, perché hanno un costo non accessibile a chiunque. Ma, riflette Kraus, così come ci siamo abituati a indossare le cinture di sicurezza in auto o il casco in moto, sarebbe bene iniziare allo stesso modo a difenderci dall’inquinamento acustico.

(Foto di C D-X su Unsplash )

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