Il rapporto tra sonno e veglia è un tema delicato nella società contemporanea. Secondo uno studio del 2016, tra il 10 e il 30 per cento della popolazione mondiale ha problemi d’insonnia. Altri studi riportano percentuali molto più alte (50-60 per cento), e probabilmente nell’ultimo anno e mezzo la pandemia ha contribuito ad aggravare i disturbi del sonno in chi già ne soffriva, mentre molte persone ne hanno fatto esperienza per la prima volta.

Secondo Arthur Brooks, però, uno dei problemi del nostro rapporto difficile con il sonno è che tendiamo a fare resistenza. Come scrive l’autore sull’Atlantic, «Per molte persone, la parte più crudele della vita quotidiana è la transizione tra veglia e sonno. Quando si dovrebbe dormire, si vuole restare svegli; quando si dovrebbe essere svegli, si vuole dormire». Invece di pensare a modi più efficienti per indurre il sonno, suggerisce Brooks, dovremmo invece concentrarci sullo smettere di resistere al sonno. Per farlo dobbiamo considerarne, oltre che l’aspetto fisiologico, anche quello “trascendentale”.

Sono piuttosto noti i benefici legati a una corretta quantità e qualità del sonno, così come i rischi e gli svantaggi di una sua prolungata privazione. Perché dunque non dormiamo di più?

Procrastinazione del sonno

Alcuni fattori piuttosto comuni che ci allontanano dall’obiettivo possono essere problemi fisici, abitudini sbagliate, questioni di lavoro, stress, bimbi piccoli a cui badare. Un’altra barriera però, sostiene Brooks, viene dall’interno, ed è ciò che gli studiosi chiamano “procrastinazione del sonno”. È quella condizione in cui rimandiamo il momento in cui andare a letto, perché stiamo facendo qualcosa che ci sembra più importante (salvo poi pentircene la mattina dopo). Pare che questa dinamica sia piuttosto comune, e si stima che sia messa in atto da quasi un terzo degli adulti che dormono in media meno di sei ore a notte.

Una sua variante particolarmente pericolosa è la “procrastinazione vendicativa del sonno”, con cui alcune persone si privano di ore di sonno come forma di ribellione contro un’autorità interiore. Per quanto illogico possa sembrare “vendicarci contro noi stessi”, in realtà è piuttosto comune nelle persone che soffrono di una ridotta autonomia decisionale uno o più aspetti della propria vita. I consigli che riceviamo di solito per aumentare le ore di sonno, per quanto sensati, secondo Brooks non bastano a contrastare le cause di questa resistenza al sonno. Ecco dunque due consigli più specifici.

Placare la ribellione contro il tiranno interno

Innanzitutto, è opportuno prendere coscienza di ciò che stiamo facendo e del modo in cui stiamo “sabotando” il nostro sonno, soprattutto se non ci abbiamo mai ragionato su. Una volta fatto questo passo, si possono provare alcune strategie pratiche. Impostare un orario in cui andare a dormire che sia realistico e sensato, e mezz’ora prima dire a se stessi: “Ho il controllo dei miei orari e sto scegliendo di andare a letto a quest’ora”. Può sembrare infantile come approccio, ma è proprio di questo che ha bisogno il nostro “bambino ribelle interiore”.

Tra l’altro, si può approfittare di questa strategia anche per migliorare altre aree della propria vita. State facendo i vendicativi sul cibo, sull’arrivare sempre in ritardo, sullo sperperare soldi? Può essere il momento per prenderne coscienza e passare oltre.

Vedere il lato metafisico del sonno

Anche se si arriva a riconoscere l’importanza del sonno, può restare la tendenza a vederlo come un bene strumentale, qualcosa di necessario ma spiacevole, come per lo è per alcuni mangiare una corretta quantità di verdure. È quindi il momento di riconoscere il sonno come fonte intrinseca di saggezza e felicità, come fanno mistici e maestri spirituali da millenni.

Nella Bibbia, spiega Brooks, Dio parla a Giuseppe in sogno. Lo stesso Papa Francesco è noto per avere una speciale devozione per San Giuseppe e, quando ha un problema, lo scrive su un foglio che posiziona sotto la statua di Giuseppe dormiente, poi va a letto.

Chiunque, anche senza essere Papa e senza l’aiuto di santi, può farlo: basta pensare, quando si sta per andare a dormire, a un qualche grattacapo che si vuole cercare di risolvere. Al risveglio, si possono passare i primi minuti di veglia prendendo nota di ciò che si è “imparato” dormendo.

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