Il processo di chiusura degli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari) sta lentamente proseguendo, ma al contempo va avanti anche la difficile elaborazione di come dovrà concretizzarsi, su un piano più generale, il loro effettivo superamento. Se infatti il commissario unico per la chiusura degli Opg Franco Corleone (recentemente riconfermato nel suo ruolo) ne parla come di un successo che finalmente sta per essere raggiunto (ed effettivamente l’obiettivo che si sta avvicinando è di portata storica, a detta di tutti gli specialisti), restano da definire aspetti problematici sulla gestione dei detenuti con problemi psichiatrici.
Su SuperAbile leggiamo le parole del commissario, che elenca i risultati messi a segno da quando è cominciato il suo impegno e i traguardi per il prossimo futuro: «Il bilancio di questi mesi – afferma Corleone – è positivo: si è messo in moto un processo che era sostanzialmente bloccato. Si sono chiusi due Opg (Reggio Emilia e Santa Maria Capua Vetere) e la casa di cura e custodia di Sollicciano. Si sono aperte le Rems (residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria) in Abruzzo, Puglia e in Veneto c’è stata anche l’apertura del secondo modulo, e si sono messe in moto l’apertura delle Rems nelle regioni che erano assenti su questo piano. Per quanto riguarda gli internati – continua Corleone – siamo passati da quasi 100 a circa 35 e siamo vicini al traguardo: io penso che per fine novembre l’obiettivo ottimale da raggiungere è quello di chiudere gli Opg di Montelupo e Barcellona Pozzo di Gotto contestualmente all’apertura di cinque Rems in Piemonte, Liguria, Toscana, Calabria e Sicilia». Obiettivi ambiziosi, ma non più prorogabili, visto che se ne parla ormai da anni ma ancora ci si deve scontrare con ostacoli operativi molto grossi (in particolare, per l’apertura delle Rems, il problema ha riguardato il mancato adeguamento alle nuove norme da parte di alcune regioni).
Preoccupa però il fatto che ancora non sembri superato, nella visione della politica, il principio per cui è giusto rinchiudere i detenuti “difficili” in strutture psichiatriche, in attesa di conoscere la loro condizione giuridica e psichica. Come ha evidenziato il pre-rapporto Antigone 2016 sulla situazione delle carceri, «Lo strumento del trasferimento in un reparto psichiatrico è utilizzato in modo indebito e poco trasparente. In generale si ha la percezione che questi reparti vengano usati come valvole di sfogo per ospitare (e contenere) detenuti problematici (ma senza patologie psichiatriche conclamate) che hanno problemi di convivenza nelle sezioni ordinarie».
Ancora più preoccupante un emendamento passato alcuni giorni fa in Senato, che sembra tradire la funzione “residuale” (o di “extrema ratio”) dell’accesso dei detenuti alle Rems, per individuare invece queste strutture come destinatarie di nuovi detenuti in attesa di giudizio. Lo denuncia il Comitato nazionale StopOpg, in una lettera rivolta al ministro della Giustizia Andrea Orlando: «L’emendamento in questione ripristina la vecchia normativa (quindi ante: legge 81/2014, Dpcm 1.4.2008 allegato C, Accordo Conferenza Unificata 13.11.2011), disponendo il ricovero nelle Rems esattamente come se fossero i vecchi Opg. Non solo si ritarda ulteriormente la chiusura degli Opg rimasti aperti (Montelupo Fiorentino e Barcellona Pozzo di Gotto) ma così le Rems diventano a tutti gli effetti i nuovi Opg. Si stravolge la funzione delle Rems (e le si travolgono visti i numeri delle persone potenzialmente coinvolte), che non sarà più “residuale”: cioè destinata ai pochi casi in cui le misure di sicurezza alternative alla detenzione si ritiene non possano essere assolutamente praticabili. L’obiettivo della legge 81 sulla chiusura degli Opg (e sul superamento della loro logica) è infatti quella di far prevalere, per la cura e la riabilitazione delle persone, progetti individuali con misure non detentive, nel solco delle sentenze della Corte Costituzionale, la n. 253 del 2003 e la n.367 del 2004, ispirate esplicitamente dalla legge 180 (riforma Basaglia)».
La riflessione è ripresa su QuotidianoSanità da Pietro Pellegrini, direttore del Dipartimento assistenziale integrato Salute mentale dipendenze patologiche dell’Ausl di Parma: «Se nei codici alla parola Opg si sostituisce la parola Rems e tutto resta invariato non avremmo fatto passi avanti significativi. I sei Opg in parte degradati, sostituiti da 24 (in prospettiva circa 30) Rems un po’ migliori sotto il profilo ambientale: è questo il cambiamento?». E ancora: «La priorità del mandato di custodia rispetto a quello di cura è ancora nella mente e nelle prassi di molti come se nulla fosse cambiato rispetto all’Opg. Se questo doveva o deve essere, le Rems non sono idonee. Diciamolo perché psichiatri, infermieri, assistenti sociali, psicologi, tecnici della riabilitazione ecc. non sono formati per la custodia, né le strutture sono adatte. Non solo, ma il clima custodialistico è in larga misura in contrasto con quello necessario per un adeguato e moderno programma di cura».
Ci uniamo alla perplessità di Pellegrini e restiamo in attesa di capire se, al di là dei buoni risultati raggiunti dal commissario unico, il resto della politica si stia accorgendo che, assieme ai nomi e alle sigle, anche la mentalità deve cambiare.
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