Il Terzo settore si sta mobilitando per scongiurare che una legge del Parlamento rischi di snaturare la disciplina del 5 per mille. Una proposta di legge firmata dal senatore Gianfranco Rufa prevede infatti, tra le altre cose, di usare i fondi del 5 per mille anche per coprire i costi del personale in servizio alle forze dell’ordine e i congiunti di chi è deceduto in servizio. Il disegno di legge è già stato approvato alla Camera quasi un anno fa, il 9 giugno 2021, e sarà votato il prossimo 20 giugno al Senato, dopo che nelle giornate di oggi e domani la commissione referente avrà esaminato gli emendamenti. Se dovesse essere approvato senza modifiche, diventerà a tutti gli effetti legge dello Stato.

Diverse voci di rappresentanti del Terzo settore si sono levate contro questa possibilità. L’argomentazione portata è che, senza nulla togliere all’importante lavoro delle Forze dell’ordine, il 5 per mille è nato per sostenere attività sociali e di ricerca, ed è quindi improprio allargarne l’ambito di applicazione a un settore che già dispone di fondi specifici.

«Data la gravissima crisi sociale ed economica che stiamo attraversando – diceva già ad aprile Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo settore – sottrarre ulteriori risorse alle attività sociali o frammentarle è un danno alle persone in difficoltà e alle nostre comunità. Il lavoro quotidianamente svolto dalle Forze dell’ordine è fondamentale e a loro va il nostro apprezzamento. […] Ma il 5 per mille ha un altro scopo: serve a sostenere le attività sociali o della ricerca scientifica che diversamente non si potrebbero realizzare. Per questo la nostra forte critica non può e non deve essere strumentalizzata. Il Parlamento non approvi questa norma: il 5 per mille va rafforzato non indebolito.”

Diversi soggetti del Terzo settore hanno lanciato in questi giorni la mobilitazione #NopdlRufa, con cui chiedono a tutti di esprimersi contro il provvedimento, sia usando l’hashtag sui social media (insieme a #Difendiamoil5permille), sia inviando un testo precompilato a una serie di indirizzi forniti in questa pagina.

La campagna non mira solo a fermare il disegno di legge Rufa, ma anche a rilanciare l’abolizione del tetto per il 5 per mille, affinché sia finalmente data piena attuazione alla volontà dei cittadini nel momento in cui decidono di destinare le proprie risorse a una certa organizzazione. In realtà i dati più recenti pubblicati sul sito dell’Agenzia delle entrate dicono che per le dichiarazioni del 2021 non sono stati raggiunti i 525 milioni di euro di tetto massimo stabilito dalla legge, ma ci si è fermati a circa 507 milioni. Ciò di cui ci sarebbe bisogno è dunque di maggiore informazione presso i cittadini affinché esprimano una preferenza quando arriva il momento della dichiarazione dei redditi. In altre parole, piuttosto che intervenire per ampliare la platea dei riceventi del contributo, bisognerebbe lavorare per aumentare il numero di persone che scelgono di indicare a chi destinare la quota del proprio reddito imponibile.

A differenza dell’8 per mille, infatti, se nella sezione del proprio modulo di dichiarazione dei redditi relativa al 5 per mille non si scrive nulla, la quota non viene distribuita. È dunque importante potenziare questo strumento dal lato della consapevolezza dei cittadini, visto che si tratta di un istituto che realizza il principio della sussidiarietà orizzontale espresso nell’articolo 118 della Costituzione.

In diverse forme e attraverso varie vicissitudini, il 5 per mille esiste dal 2005. Ci sono voluti nove anni affinché, dopo una lunga fase “sperimentale” in cui doveva essere confermato di anno in anno, fosse stabilizzato nella legge di bilancio del 2014. Una volta ottenuta tale stabilizzazione, il terzo settore ha dovuto lottare a più riprese affinché il tetto massimo fosse alzato fino a coprire la totalità della domanda. Ciò che non è mai cambiato però è la natura della norma, che da sempre è volta a dare ai cittadini la possibilità di scegliere autonomamente a quale ente sociale o di ricerca destinare una piccola porzione del proprio imponibile fiscale. La proposta di legge Rufa va in una direzione che oltre a tradire la natura di questo strumento normativo creerebbe ulteriore confusione nei cittadini, ormai abituati a pensare al 5 per mille come a un contributo “per il Terzo settore”. Un concetto che, per quanto possa essere inteso in senso ampio, difficilmente può arrivare a comprendere il finanziamento delle forze dell’ordine.

(Foto di Roy Harryman su Pixabay)

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