Che fine hanno fatto gli studi di Carlo Cottarelli, ex commissario straordinario alla spending review? La domanda è legittima, dopo un anno in cui questi ha operato in seno alla presidenza del Consiglio per indicare all’inquilino di turno di Palazzo Chigi quali fossero le spese della pubblica amministrazione da tagliare o razionalizzare. Non se ne sa nulla: Cottarelli è tornato a lavorare al Fondo monetario internazionale, dopo che il suo impegno (che poteva durare fino a tre anni, ma si è fermato a uno) è finito.
Per questo e altri motivi, è tempo che anche l’Italia si doti di una legge per la trasparenza della pubblica amministrazione. Non basta insistere sulla pubblicazione della rendicontazione delle spese dei partiti o la dichiarazione dei redditi dei vari eletti e nominati. Ciò di cui parliamo ha più a che fare col Freedom of Information Act (Foia) statunitense, ossia la legge approvata nel 1966 per rendere pubblici in maniera totale o parziale gli atti della pubblica amministrazione (anche con effetto retroattivo). In Italia si è costituito da qualche anno un comitato, che si chiama proprio Foia, per spingere la politica ad approvare una norma in tal senso. Sappiamo bene infatti quanto sia complesso dalle nostre parti avere accesso ai documenti della pubblica amministrazione, tra bolli, rimpalli di responsabilità e telefoni che squillano a vuoto. L’amministrazione è pubblica perché pubblici dovrebbero essere gli interessi che gestisce, e quindi anche i documenti.
Il comitato Foia ha provato a entrare in possesso del dossier Cottarelli, ma senza successo. 25 documenti che, a quanto pare, sembrano andati smarriti. Prima la richiesta è stata fatta alla presidenza del Consiglio, che ha risposto così: «“Questo Dipartimento (per la Programmazione e il Coordinamento delle Politiche Economiche, NdR), contrariamente a quanto affermato nella istanza, non possiede gli atti richiesti, non avendo peraltro competenza in materia”, poiché “il Commissario straordinario si avvale delle risorse umane e strumentali del Ministero dell’economia e delle finanze”». Un po’ come Asterix, che nelle sue 12 fatiche si trova a dover affrontare la prova della burocrazia, che consiste nel procurare un inesistente “lasciapassare A38”, venendo rimbalzato da un ufficio all’altro, anche il Foia prova a seguire le indicazioni ricevute e interpella il Mef, che però si smarca a sua volta: «Non ci è possibile procedere a quanto da lei richiesto in quanto la documentazione alla quale richiede l’accesso non è in nostro possesso, non facendo parte il Commissario alla Spending Review di questo Ministero».
Il massimo del cortocircuito burocratico: due uffici invitano il cittadino, di volta in volta, a “cambiare verso”, per andare nell’ufficio di fronte. Dove ha lavorato Cottarelli durante il suo incarico? Possibile che dovremo accontentarci delle dichiarazioni rilasciate ai media dal commissario di tanto in tanto, rinunciando a conoscere i dati raccolti in un anno di studi? «Ma al di là di questo italianissimo percorso a ostacoli burocratico-amministrativi – scrive Andrea Fama sul sito del Foia –, le due istituzioni in questione avrebbero comunque la facoltà di soddisfare la richiesta di conoscenza che monta da addetti ai lavori e società civile, divulgando opportunamente il Dossier sulla spending review. Manca però la volontà politica di farlo (la stessa necessaria per adottare il tanto promesso Foia)».
È solo un esempio del perché sia necessario dotarsi di una legge come quella statunitense. Ci sono altri svariati motivi per farlo, e li potete leggere sul sito del Foia. Tra i tanti, ci piace concludere citando il numero 6: «Perché aumentare la trasparenza della pubblica amministrazione aiuta a ricostruire un rapporto di fiducia tra amministratori e amministrati. Scandali e corruzione hanno finito per gettare un generale discredito sugli amministratori pubblici, che colpisce anche gli onesti e l’insieme della pubblica amministrazione. Chi amministra la cosa pubblica potrà ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini solo operando nella massima trasparenza. Come spiega il consiglio d’Europa, il diritto all’informazione “contribuisce ad affermare la legittimità delle amministrazioni come pubblici servizi e a rafforzare la fiducia del pubblico nelle autorità pubbliche” (Raccomandazione 2/2002). Gli amministratori pubblici onesti hanno dunque tutto da guadagnare da una legge sul diritto all’informazione».