L’ex commissario per la spending review, Carlo Cottarelli, ha scritto qualche settimana fa un articolo per il Foglio in cui denuncia “La burocrazia che strozza l’economia italiana”. Cottarelli fa un esempio molto calzante per descrivere cosa rappresenta l’eccesso di norme e regole per il nostro Paese, descrivendo ciò che succede in autostrada con la corsia di destra. Lo schema proposto, in estrema sintesi, è il seguente: in Italia il sorpasso da destra è vietato (regola inutile), ma vige l’obbligo di occupare la corsia più libera sulla destra (altra regola inutile che serve a giustificare e riequilibrare la prima). Siccome quest’ultima norma non è quasi mai rispettata (l’automobilista italiano medio ha un’allergia profonda verso l’occupare la prima corsia, pensando erroneamente sia riservata ai mezzi lenti), il traffico si concentra tutto sulla seconda e terza corsia, vanificando di fatto la presenza della prima.

Con questa curiosa metafora (ma molto concreta per chiunque abbia una minima esperienza di guida in Italia), Cottarelli ci vuole dire che spesso l’economia italiana funziona proprio come l’autostrada: una marea di regole inutili, creata al solo scopo di “generare altra burocrazia”, e che impedisce uno sviluppo compiuto del mercato. «In Italia può accadere che una regola sia introdotta, anche se inutile, per consentire al burocrate di crearsi un’attività (controllarne il rispetto). Dopodiché si introduce, come nel caso dell’autostrada, una seconda regola per evitare i danni che la prima regola, di per sé è inutile, potrebbe causare se lasciata a se stessa. Certo, se tutte le regole fossero rispettate alla perfezione, il sistema funzionerebbe comunque (il burocrate è magari anche bravo a disegnare un sistema di regole complesso ma teoricamente perfetto), ma visto che rispettare tutte le regole alla fine è impossibile, il risultato è una perdita di efficienza: si finisce tutti sulla corsia di sinistra. La soluzione è abbastanza ovvia: occorre eliminare le regole inutili e quelle che da esse derivano».

Si intuisce quindi la riluttanza delle istituzioni nell’impegnarsi realmente verso una semplificazione del quadro normativo per le imprese, da cui deriverebbe una riduzione del potere della burocrazia. Cottarelli lancia poi un’iniziativa per stilare e inviare al governo una lista di “regole inutili”, eliminabili con un decreto: «Vorrei chiedervi di segnalare con una email indirizzata a regoleinutili@ilfoglio.it le regole che vincolano la nostra economia, che riteniate essere inutili e che potrebbero essere facilmente eliminate. Queste segnalazioni potrebbero essere raccolte nei prossimi tre mesi (diciamo entro fine settembre) per poi farle pervenire alla presidenza del Consiglio con la preghiera di presentare un disegno di legge o un decreto-legge volto a semplificare il nostro sistema economico». Non sappiamo quale impatto possa avere questa campagna, talmente sensata da apparire irrazionale nel panorama normativo italiano, ma ci piace condividerla nella speranza che qualche buon consiglio possa arrivare all’indirizzo di palazzo Chigi.

Poi succede che quando si provano a fare le cose si mettono assieme troppe questioni e si fanno pasticci, e non si porta a compimento il lavoro. È ciò che sta succedendo al disegno di legge concorrenza, per esempio, licenziato dal Consiglio dei ministri il 20 febbraio 2015, e da allora rimpallato da un’Aula all’altra del Parlamento, che di volta in volta lo approva con modifiche più o meno significative. Dopo quasi due anni e mezzo non vede ancora il traguardo quella che porta il nome di “legge annuale sulla concorrenza”, che quindi è ormai piuttosto datata. Come mai tanta ostilità verso un provvedimento che, in teoria, dovrebbe servire da spinta propulsiva all’economia? Innanzitutto, come dicevamo prima, perché tratta di troppe cose. Prova a fare il punto l’economista Carlo Scarpa, su Lavoce.info: «Non è facile illustrare il disegno di legge che incide su almeno tredici settori o ambiti professionali, dalle poste alle banche, dagli avvocati ai notai, dalle farmacie agli odontoiatri. Riemergono qui tentativi antichi quali quello di lasciare spazio alle società di capitali in settori per ora riservati ai liberi professionisti (avvocati, farmacie). O provvedimenti utili, quali quelli contro le frodi nel campo assicurativo, che tanto fanno lievitare i costi delle assicurazioni e quindi il costo delle polizze auto».

Quando dicevamo dei “pasticci”, ci riferivamo alla misura contenuta nel ddl che, a partire dal 1° luglio del 2019, abolirebbe il “mercato a maggior tutela” per la distribuzione dell’energia (ne abbiamo parlato qui). «È un provvedimento molto ideologico, che assume che la concorrenza sia un bene sempre e comunque, senza considerare che finora le offerte a libero mercato sono mediamente meno convenienti di quella regolata. E che i margini della vendita sono già così bassi che è davvero difficile pensare che il prezzo possa scendere ancora – cosicché è facile prevedere che le imprese di vendita al dettaglio userebbero l’opportunità per aumentare i prezzi ancora di più». Praticamente, con la fine dell’acquirente unico, si direbbe alle famiglie italiane che hanno scelto la prima corsia (almeno per il mercato energetico) che devono gentilmente spostarsi sulla seconda o la terza, insieme a tutti gli altri. E che non si azzardino a sorpassare sulla destra.

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