Perdonate il clickbaiting nel titolo, ma è utile per entrare nel discorso. L’editoria relativa all’ottenimento del “successo” e del benessere, intesi in senso ampio, non ha mai goduto di maggiore fortuna come in questi ultimi anni. Ogni nuovo libro, firmato dall’ennesimo “guru”, propone la sua soluzione chiave ai piccoli e grandi problemi che affliggono la vita di ciascuno. Spesso però questo tipo di approcci propongono di scioglere tutti i nodi partendo da un singolo fattore. Medita, e cambierai la tua vita. Prova questa dieta, e il tuo equilibrio psico-fisico sarà ripristinato. Fai una doccia fredda al giorno, e non sarai più lo stesso. Digiuna un giorno alla settimana, e supererai ogni limite. Tutte cialtronerie? Se prese singolarmente, forse più sì che no.

Questo tipo di letteratura ha una comune tendenza a tenere il lettore appeso dalla prima all’ultima pagina, con la costante sensazione che nella pagina successiva troverà spiegata in poche semplici parole la formula magica che risolve tutto (per tutti). E invece, quando sembra arrivato il grande momento, l’autore indugia raccontando l’ennesimo aneddoto che, come un racconto zen, dovrebbe trasmettere chissà quale insegnamento. Spesso poi qualcosa di interessante in questi libri c’è davvero, ma magari si tratta di una lista di consigli ed esercizi riassumibili in poche righe. Certo anche il contorno è importante, e se i numerosi aneddoti sparsi qua e là hanno il potere di incuriosire o emozionare il lettore, probabilmente questa disposizione d’animo lo aiuterà a ricordare meglio la ciccia (che di solito c’è, anche se poca).

Per non lasciare tutto sul vago, ecco qualche titolo ascrivibile al comparto “meditazione/allenamento mentale” che chi scrive, seguendo consigli o semplice curiosità, ha letto o sfogliato: The Practicing Mind, di Thomas M. Sterner, Deep Work, di Cal Newport, Peak, di Anders Ericsson, L’arte di ricordare tutto, di Joshua Foer. Si tratta di letture piacevoli, che contengono informazioni utili, diluite però omeopaticamente in decine di pagine che costituiscono un ingombrante contorno aneddotico (spesso autobiografico). Il punto è che ognuno di questi testi vi darà informazioni utili, che rischiano però di perdersi per strada perché, prima di prendervi il tempo per provare (e riprovare più volte) ogni consiglio e strategia, avrete voglia di continuare la lettura, e poi una volta finito vorrete seguire il link che dice “Gli utenti che hanno comprato questo articolo hanno comprato anche questo”, e via con un altro testo sulla prossima panacea miracolosa. Intanto, il ricordo di ciò che avete appena letto comincia comincia già a sbiadire. Sembrava così importante solo qualche minuto fa, ma ora c’è già un’altra sirena che richiama la vostra attenzione.

In questo senso, è interessante leggere il report A workout for your brain, pubblicato un anno fa sul sito della Harvard Medical School, che parla di come sia composto l’“allenamento mentale” riservato alle persone con problemi cognitivi, tra cui la perdita di memoria. Scorrendo l’articolo, si scopre che le aree toccate dal tipico brain fitness program sono cinque: esercizio fisico, esercizio cognitivo, nutrizione, sonno, meditazione. Più o meno gli argomenti trattati dal tipo di editoria di cui parlavamo all’inizio. Qual è dunque la conclusione? Che nessuno di questi aspetti, se preso singolarmente, è sufficiente a mettere a posto tutti gli altri. L’obiettivo è agire su ognuno di essi, lentamente e senza stress. Per fare un esempio, se comincio ad allenarmi fisicamente con costanza, predispongo il mio cervello ad apprendere e ragionare meglio, ma se poi non gli pongo nessuna “sfida cognitiva”, coltivando interessi di qualche tipo, sarà come avere una Ferrari perfettamente messa a punto che non esce mai dal garage. Peraltro sarebbe bene scegliere con cura quale sfida cognitiva affrontare, per dare una direzione e un’utilità a tutto questo sforzo. Riferendosi agli studi di cui parlavamo sopra, il neurologo Alvaro Pascual-Leone ha detto (traduzione nostra): «Se fai molte volte una stessa cosa, diventi bravo in quella cosa. Ma l’obiettivo è migliorare nella vita di ogni giorno, non solo in clinica».

È normale che nell’andare verso uno stile di vita sano si sia attratti inizialmente da uno solo dei tanti fattori coinvolti, per interesse o indole. Il punto è, una volta che ci si accorge che il cambiamento è innescato, riuscire a “spalmare” questo nuovo atteggiamento su tutti gli altri aspetti della vita. Come diceva Han Solo, This is where the fun begins.

Fonte foto: flickr