Ha fatto molto parlare di sé il video girato nei giorni scorsi da un’attrice, ripresa durante una passeggiata di dieci ore per le vie di New York. Vestita in abiti neri, con jeans e maglietta giro collo – un completo che non dovrebbe attrarre l’attenzione e gli sguardi altrui – ha ricevuto un centinaio di molestie da parte di uomini. Si va dal semplice «Buongiorno!» a complimenti più diretti, fino ad arrivare a tentativi di “abbordaggio” in cui la ragazza viene affiancata per diversi minuti, nonostante non dia alcuna confidenza all’“abbordatore”, che le chiede il numero di telefono per un futuro incontro. Il video è un’iniziativa dell’associazione statunitense Hollaback, che si impegna in tutto il mondo contro le discriminazioni di genere, e presenta uno spaccato molto efficace (e forse per alcuni, soprattutto uomini, inatteso) di cosa voglia dire essere una donna e camminare per strada in una grande città con un abbigliamento del tutto ordinario.
L’esperimento è stato ripetuto poi a Roma, dove Rachele Brantisano, 26 anni, si è prestata allo stesso esperimento, ottenendo esattamente lo stesso risultato: dieci ore di passeggio, oltre 100 approcci di qualche tipo. I due video (soprattutto il primo, che ha ottenuto milioni di visualizzazioni su Youtube in pochi giorni) hanno suscitato un ampio dibattito sul web, e anche molta confusione. Il fatto più preoccupante è vedere la quantità di uomini che tende a minimizzare il fatto in sé, commentando che in fondo, per la maggior parte, si è trattato di complimenti, frasi gentili, saluti, istigazioni a sorridere di più. Solo pochi i casi di vero e proprio approccio molesto. Tutte queste espressioni di apprezzamento sono però non richieste, e la libertà con cui vengono ripetute per strada denota uno scarso rispetto verso la donna oggetto di attenzioni che, se anche non si configurano come violenze sessuali, rientrano appieno nella categoria di molestie sessuali.
Il fatto che per un uomo questo trattamento non sia previsto è già una testimonianza che ci sia in atto una discriminazione. Poco importa che di tanto in tanto possa capitare: si tratta sempre di casi isolati, rari, al punto che possono arrivare a fare piacere. È un altro campo da gioco. Qui stiamo parlando di comportamenti che invece una donna deve fronteggiare ogni giorno, ripetutamente. Al punto da arrivare a non sentirsi sicura, a percepire se stessa e il suo corpo sempre come sotto osservazione, ricoperto da attenzioni non richieste, costretta ad attraversare le città (non tutte, per fortuna) senza guardarsi troppo in giro o incrociare sguardi che potrebbero essere interpretati come “complici”. «Non necessariamente si può pensare a queste parole e frasi come a delle molestie. Ma vanno considerate l’intenzione e l’intonazione della voce. Cambiano tutto». Cambiano anche, ha spiegato Shoshana B. Roberts, il «linguaggio del corpo: mi devo censurare. Non mi fanno sentire al sicuro».
Non è un video a cambiare le cose, ma è già qualcosa che se ne parli: forse qualcuno deciderà di impegnarsi in azioni specifiche contro il sessismo diffuso. «Quanti episodi filmati di nascosto – si chiede la giornalista americana Jessica Valenti –, screenshot di minacce di stupro o filmati in ascensore dovremmo ancora rendere pubblici perché gli uomini prendano parola contro tutto questo? Sono stanca che le donne debbano costantemente “dimostrare” che la discriminazione e le molestie esistono». Domanda legittima, intanto vi invitiamo a dare un’occhiata ai video, forse potrebbero essere il giusto stimolo per molti uomini a iniziare a parlare e attivarsi affinché le città diventino luoghi più sicuri, per tutti.