Stefano Belisari, più noto come Elio degli Elio e le Storie Tese, è padre di un bambino con disturbo dello spettro autistico. Qualche settimana fa ha voluto condividere la sua storia con il giornalista Michele Serra, per fare chiarezza sull’autismo. Pubblichiamo di seguito un estratto dell’articolo uscito su Repubblica.

Quando Elio mi ha cercato per dirmi «ho bisogno di te, dobbiamo far sapere un po’ di cose sull’autismo», ero perplesso. Argomento delicato, al tempo stesso doloroso e affascinante, pieno di implicazioni medico-scientifiche, facile scrivere scemenze: se è vero che l’autismo è in aumento, anche le scemenze mediatiche lo sono. Non vorrei contribuire. Non sono un giornalista scientifico, gli ho detto, e dell’autismo so quasi niente, non credo basti avere visto Rain Man. Non importa, mi ha risposto: sei uno che leggono in molti. Dunque devi darmi una mano. Ho delle cose da dire, e sono cose importanti. Si è presentato a casa mia con un signore alto e magro, Lucio Moderato, psicologo, 63 anni, direttore dei Servizi per l’autismo alla fondazione Sacra Famiglia, a Cesano Boscone, vicino a Milano (suo fratello Paolo, docente allo Iulm, ha in cura il figlio di Elio).

Sguardo acceso, risata contagiosa, eloquio potente a dispetto delle difficoltà (è affetto dalla nascita da tetraparesi spastica, tratta le disabilità, dunque, a partire da se stesso), il dottor Moderato forma con Elio una coppia notevole anche visivamente, un po’ don Chisciotte e Sancho Panza, e il mulino a vento è l’autismo, condizione molto studiata ma ancora non ben definita, ad amplissimo spettro: deficit dello sviluppo neurologico che produce forti limitazioni nelle relazioni umane, tendenza alla chiusura, alla maniacalità, alla specializzazione ossessiva. Fino alla totale incomunicabilità e asocialità; alla incapacità di provvedere a se stessi; con sofferenze pesanti, a volte insostenibili, per le famiglie.

La storia qui riassunta parte dal percorso terapeutico e umano di Elio, di sua moglie Camilla, del loro bambino autistico. Eventuali imprecisioni o sbavature o approssimazioni sono attribuibili al cronista, non ai protagonisti della vicenda, ai quali posso imputare, al massimo, l’avermi sepolto sotto una mole impressionante di informazioni, sensazioni, speranze. Il figlio di Elio si chiama Dante. Nella severa avventura dell’autismo, Dante è fortunato: gemello eterozigote, i genitori hanno potuto verificare molto presto, in rapporto al fratello, i problemi nello sviluppo cognitivo. Si sono accorti subito, madre e padre, che qualcosa non andava. La diagnosi precoce è fondamentale, perché l’autismo non si cura (non è una malattia: è una condizione), però si affronta, si tratta. E prima comincia la battaglia, migliori sono i risultati. Si chiamano “terapie cognitivo-comportamentali”, prescindono dalla fatidica domanda sulle cause dell’autismo e cercano di rendere vivibile, qui e ora, un rapporto altrimenti invivibile. In molti casi ci riescono.

Elio decide di metterci la faccia quando si rende conto che le associazioni di genitori sono decine, le presunte “cure” sono decine, gli stregoni e i ciarlatani altrettanti, e la solitudine delle famiglie alle prese con il problema rischia di annichilirle; oppure, per disperazione, di esporle a tentazioni terapeutiche prive di qualunque fondamento. «Se hai un tumore vai all’oncologico, se ti rompi una gamba vai in ortopedia, ma se tuo figlio è strano, scende dal passeggino e comincia a correre come un pazzo, e tu passi le giornate a inseguirlo col terrore che finisca sotto una macchina, o che ai giardinetti salti addosso a un pitbull che lo sbrana, e il pediatra ti dice che probabilmente è autistico, non sai dove sbattere la testa. Il bambino urla nei negozi, la gente guarda male i genitori perché pensa che è maleducato. Non si volta quando gli parli, e l’esame audiometrico non serve a niente. Conosco persone che sono finite ovunque, cadute nelle mani di chiunque. Ci sono i teorici della chelazione, che attribuiscono l’autismo ai metalli pesanti nell’organismo e lo curano con altri metalli pesanti, facendo gravi danni. Quelli che dicono che tutto dipende dalla dieta, e propinano beveroni da ottocento euro a botta. Quelli che colpevolizzano i genitori dicendo che l’autismo è frutto del disamore».

Interviene Moderato: «Per anni ha imperversato la teoria nefasta delle madri frigorifero, anaffettive. Nel 1950 i medici dicevano qualcosa tipo “si isola perché non è abbastanza amato”. Fake news novecentesche, quando non si chiamavano ancora fake news. Montagne di sensi di colpa. È anche dalla ribellione delle madri colpevolizzate che le cose hanno cominciato a cambiare. Nel 1969 Leo Kanner, psichiatra, uno dei pionieri nello studio dell’autismo, abiura: ho detto una cazzata, ammette. Le madri-frigorifero non c’entrano un bel niente. Prende forza la strategia di psicoeducazione derivata dalle leggi dell’apprendimento, soprattutto in America. Adottando anche tecniche usate per l’addestramento degli animali da circo… Ecco un caso in cui la scienza non è cambiata motu proprio, ma anche per merito delle famiglie che si sono ribellate». «Quando ho deciso di metterci la faccia» riprende Elio, «mi sono reso conto che le associazioni di genitori sono un grande casino, circoli sparsi, niente di strutturato a livello nazionale, e invece sarebbe decisivo arrivare finalmente a un’uniformità, a una coerenza di azione. Mi sono ritrovato a un incontro pubblico a Varese, organizzato da un comitato di associazioni, una quarantina solo in Lombardia. L’obiettivo era una raccolta di firme da portare al governatore della Lombardia, Attilio Fontana. Ho mostrato ai presenti un’altra petizione: duecentomila firme per la liberazione di un cane che abbaia troppo, rompendo le balle a un intero isolato, ed è stato recluso. L’appello sui bambini autistici invece era fermo a diecimila, quando si dice un segno dei tempi… Ho fatto un ultimatum ai presenti: o raccogliamo almeno tante firme quanto quelle per il cane, oppure non se ne fa niente. Qualche animalista si è offeso. Qualcun altro mi ha detto: io firmo, ma solo se firmiamo anche contro i vaccini…».

E dal fake novecentesco, quello delle mamme anafettive, passiamo a quello odierno: non esiste uno straccio di prova che ci sia una relazione tra autismo e vaccini. I sostenitori della tesi (pochi) sono stati accusati di fare carte false, radiati dall’Albo. Moderato puntualizza: «Niente è a rischio zero. Esiste una bassissima incidenza di rischio anche per i vaccini. Ma la sola cosa che possiamo dire con certezza è che se si sospendono le vaccinazioni i casi di autismo rimangono gli stessi, i casi di poliomielite aumentano a dismisura».

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(Foto di Benedetto Dell`ariccia su flickr)