Chi ha visto l’intervento di Gino Strada alla trasmissione Che tempo che fa di sabato scorso su Rai3, non può non essere rimasto colpito dalla concretezza delle parole del fondatore di Emergency. Stavolta, ed è un segno dei tempi, la conversazione non è stata incentrata sui tanti luoghi nel mondo in cui opera l’associazione con i suoi ospedali. No, stavolta l’argomento principale è stato l’Italia.
Strada ha lanciato apertamente la provocazione (che è una proposta concreta, in realtà) di partecipare all’asta per l’acquisto del San Raffaele, con un’offerta simbolica di un euro. Ovviamente qualcun altro dovrebbe occuparsi di ripianare i 1.476 milioni di debito accumulati dalla struttura. Ma Emergency s’impegna, una volta determinato il budget necessario al funzionamento della struttura, a offrire un servizio di alta qualità e gratuito, «senza che la gente debba tirar fuori un centesimo, neanche quando sarebbe dovuto», e garantendo che a fine anno la struttura sarà in attivo. Mica male.
Se non fosse uno con l’autorevolezza di Gino Strada a dire una cosa del genere, potrebbe passare per una baggianata. E invece è una proposta serissima. Che colpisce ancor di più se confrontata con il IX rapporto “Ospedali e salute 2011”, presentato a Roma a inizio dicembre. Un dato su tutti dà l’idea del quadro generale: «Gli ospedali pubblici italiani sprecano oltre il 29% dei finanziamenti, pari a circa 13 miliardi di euro l’anno». Solo con i soldi che si sprecano, Emergency potrebbe curare 282 milioni di persone. Costa infatti in media 46 euro all’associazione dare assistenza medica a chi si presenta nei suoi ospedali. Quindi il conto è presto fatto.
Una situazione che potrebbe essere superata aumentando i controlli, principio che invochiamo da tempo da queste pagine, e che pensiamo sia il trampolino di lancio per uscire da una logica di inefficienze, diffusa in ogni angolo della pubblica amministrazione. Ed è anche per questo stato di cose se Emergency, come ha continuato a spiegare Strada, ha intenzione di intensificare la sua presenza nel nostro Paese. Ancora una volta, può sembrare un’assurdità, una provocazione.
Non ci sono eserciti in lotta sul nostro territorio, eppure un’associazione nata per dare assistenza medica gratuita e neutrale in scenari di guerra pensa all’Italia. Dove il sodalizio è già presente con due strutture, una a Palermo e l’altra a Marghera, nate per garantire servizi sanitari gratuiti ai migranti (con o senza permesso di soggiorno). In realtà, ha proseguito Strada, «il 20 per cento delle persone che si rivolgono alle due strutture è di nazionalità italiana». Un ulteriore segno che c’è qualcosa che non va.
Ticket sempre più cari, liste d’attesa sempre più lunghe, rapporti umani sempre più freddi, logiche sempre più aziendali. Tutti questi elementi, lo dicevamo già tempo fa citando la figlia di Strada, Cecilia, allontanano la gente dalla sanità pubblica. E allora chi può si rivolge al privato. Oppure, perché no, a Emergency.
Ma una ong ha bisogno di soldi per esistere, per continuare a fornire i propri servizi nei sei Paesi (più l’Italia) in cui opera. Il numero di donatori è in aumento, ma, complice la crisi, le cifre erogate si fanno più scarse. Ecco allora che Strada annuncia la campagna “Sos”, con cui Emergency chiede, semplicemente, di poter continuare a curare persone, così come fa dal 1994. Il numero verde per fare la donazione è 800 394 394, oppure c’è il sito internet www.sosemergency.it.
In chiusura, manifestiamo tutta la nostra felicità e partecipazione, come Avis e a nome dei nostri donatori, per la liberazione dell’operatore di Emergency Francesco Azzarà, dopo un rapimento durato quattro mesi da parte di banditi nel Sud Darfur.