Iniziamo la settimana facendo un po’ pubblicità. Non a noi stessi, ma a un’altra associazione che opera per puro spirito filantropico. Si tratta di Emergency, e il messaggio pubblicitario è il seguente: regalate un abbonamento al mensile E, farete felice una persona e contribuirete al lavoro dei medici. Dei 40 euro che costituiscono il canone annuale, dieci finiranno infatti agli ospedali di Emergency. È sufficiente compilare e inviare la cartolina che trovate nei più recenti numeri del giornale, oppure comunicare la vostra intenzione contattando la redazione (info@e-ilmensile.it). Meglio farci un pensierino ora che si avvicina il Natale, sarebbe il modo migliore di augurare un anno di buona informazione e di solidarietà a un vostro amico. Fine dello spot.
Ma restiamo in tema, perché l’articolo di Cecilia Strada, sul numero di novembre di E, offre un interessante spunto di riflessione: «Se accettiamo -noi cittadini, noi contribuenti, noi elettori- che si possa fare profitto sulla sanità, poi dobbiamo accettare tutto il resto: anche che qualcuno, per fare più profitto, lo faccia a scapito della nostra salute, infliggendo a noi, ai nostri figli e genitori, sofferenze indicibili, persino la morte. Questo deve essere l’impegno che segue all’indignazione: chiedere e pretendere che la salute sia un campo in cui, semplicemente, non è lecito fare profitto. A ben vedere, quando ho scritto che non vi avrei parlato del lavoro di Emergency, sbagliavo. Perché questo è quello che fa Emergency, nel mondo e in Italia: curare persone, nell’esclusivo interesse del loro benessere. In ospedali in cui il profitto non è mai entrato e non potrà entrare, mai».
Questa la chiosa dell’articolo, nella consueta rubrica in cui la strada aggiorna sul work in progress dell’associazione. La riflessione complessiva parte da un recente scandalo relativo al settore privato-convenzionato, in cui dalle intercettazioni si intuisce che ai pazienti si davano farmaci a seconda della percentuale di rimborso della Regione, e non delle effettive esigenze della persona. Niente di nuovo, purtroppo. E proprio per la reiterazione del reato (forse la Strada si riferiva a questo caso, ma è una storia che abbiamo letto già troppe volte), la presidente di Emergency suggerisce di allontanarsi dall’idea di “mostro” che spesso si tende a evocare scoprendo i misfatti di gente senza scrupoli.
Perché non è un problema di singoli, ma di sistema. Quando il virus del profitto si infiltra in un campo che dovrebbe tenersene alla larga, come quello della salute, è la qualità del trattamento a pagarne il prezzo. L’attuale situazione del sistema sanitario nazionale dirotta sempre più persone verso il privato o il privato-convenzionato. Ticket più alti, liste d’attesa interminabili, personale ridotto (ne abbiamo parlato poco tempo fa), non fanno che allontanare i cittadini dal pubblico, avvicinandoli a strutture che nascono su principi diversi rispetto a un ospedale. E che in alcuni casi possono portare ai vari “orrori” di cui le cronache ci informano.
Non che le strutture pubbliche siano esenti da disfunzioni anche gravi, intendiamoci. Ma dobbiamo tornare a ricordarci che la salute è un diritto, e nessuno può costringerci a comprarla. Emergency diffonde questo messaggio nei luoghi più difficili del mondo, dove il concetto stesso di diritto è oggetto di scontro quotidiano. Ma anche qui da noi è importante tenere alta la guardia. Bisogna continuare a vigilare sulle manovre della politica, affinché non si tratti la salute come merce di scambio, o come una qualsiasi delle voci di bilancio, cui cancellare con disinvoltura alcuni zeri, quando fa comodo.