Dal primo marzo 13mila persone saranno abbandonate al proprio destino. In quella data finirà infatti la cosiddetta “emergenza Nordafrica”, ossia quello che il Ministero dell’interno ha definito come un periodo di accoglienza dei richiedenti asilo provenienti soprattutto dalla Libia e sbarcati un anno e mezzo fa. Doveva scadere 60 giorni fa, ma poi c’è stata una proroga che ha spostato la fine di questo regime provvisorio (guarda caso fissandolo a qualche giorno dopo la tornata elettorale). Alla maggior parte di queste persone non è stato ancora riconosciuto lo status di rifugiato, ma d’altra parte non sono state messe in campo azioni di inserimento sociale e lavorativo all’interno delle comunità ospitanti. Quindi, ciò che si farà sarà dare a tutti una “buonuscita” di 500 euro e poi rimetterli “in libertà”.
«Con una circolare inviata la scorsa settimana -si legge su Repubblica.it-, il Dipartimento per l’immigrazione ha ordinato alle prefetture di approntare entro il 28 febbraio i titoli di viaggio per i profughi, cioè il documento che, in assenza di passaporto, può consentire la libera circolazione in Italia, e soprattutto quelle che vengono definite “misure per favorire percorsi di uscita”». Una comunicazione forse tardiva: siamo certi che migliaia di persone si troveranno in uno status intermedio che li lascerà privi della tutela di cui godono ancora per qualche giorno, ma senza pieno diritto di muoversi liberamente e decidere in autonomia cosa fare della propria vita. Intanto, in questo anno e mezzo è stato speso un miliardo e 300 milioni per dare vitto e alloggio a queste persone, ma come sempre non ci si è occupati davvero di avviare programmi di recupero.
«Cosa succederà dal 28 febbraio è un punto interrogativo -prosegue l’articolo di Alessandra Ziniti-. “Stiamo consegnando alla strada migliaia di persone senza futuro -dicono le associazioni- il colpevole ritardo con cui il governo ha disposto il rilascio dei permessi di soggiorno ha ingabbiato i rifugiati: senza permesso, senza carta d’identità, senza titolo di viaggio, senza quindi poter scegliere di restare, di lavorare, oppure di ripartire. Una vera fortuna in denaro si è persa tra le pieghe di convenzioni e burocrazie, finita in tasca di albergatori e cooperative a copertura dei loro affari”. Duro anche il commento del Consiglio italiano dei rifugiati: “Invece di spendere centinaia di milioni di euro solo per la fornitura di vitto e alloggio con gli stessi soldi avrebbero potuto finanziare un programma di integrazione lavorativo e alloggiativo”». Il primo marzo sarà purtroppo un’altra occasione mancata per l’Italia di comportarsi da Paese maturo, in grado di gestire davvero le emergenze, e non parcheggiarle in attesa che sia qualcun altro a occuparsene.