Questo mese è iniziata una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi da parte della Fondazione italiana endometriosi (Fei), associazione che si occupa di favorire la ricerca e la sensibilizzazione verso questa patologia femminile altamente invalidante e ancora poco conosciuta. La ricerca scientifica è molto sottofinanziata, secondo la Fei, e riceve risorse molto inferiori rispetto ad altre malattie croniche. Un’altra associazione che si occupa di fare informazione e sensibilizzazione sull’endometriosi è Associazione progetto endometriosi (APE), e questa è la pagina per le donazioni.
Dopo anni in cui si è faticato anche solo a riconoscere l’endometriosi come malattia, nel 2017 essa è stata inserita (nella sua forma “moderata” e “grave”) nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti dei LEA (Livelli essenziali di assistenza). Ciò garantisce alle donne colpite il diritto «di usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo». Ciò è stato un significativo primo passo, ma non abbastanza secondo APE. Non si è infatti tenuto conto «di un presupposto fondamentale»: la formazione di professionisti specializzati. «Non basterà purtroppo recarsi nell’ospedale più vicino per motivi di comodità guidati solo dalla fruibilità delle tutele previste. Le tutele, per essere efficaci, dovranno essere attuate in centri pubblici specializzati nella diagnosi e nella terapia dell’endometriosi, poiché la capacità di trattare l’endometriosi è strettamente correlata all’esperienza del ginecologo, maturata attraverso un ampio numero di casi gestiti e alla facoltà di interagire con una equipe multidisciplinare».
«I LEA sono un primo passo – ha spiegato il Post –, ma mancano tutele lavorative, economiche rispetto alle terapie, sostegno psicologico e trattamento dell’infertilità. È necessaria inoltre l’integrazione di altri esami diagnostici ad alta precisione, e un’adeguata assistenza anche per stadi meno severi come prevenzione verso il degenerare della patologia».
Cos’è l’endometriosi
Come spiegava un articolo del Post qualche anno fa, «L’endometriosi è una malattia cronica che colpisce circa una persona su dieci tra donne e ragazze (e cioè circa 180 milioni di donne in tutto il mondo e 15 milioni all’interno dell’Unione Europea). La malattia causa la creazione di porzioni di endometrio in altre parti del corpo. L’endometrio è il tessuto che ricopre la cavità interna dell’utero, che cresce, si sfalda e viene espulso durante le mestruazioni. Il tessuto endometriale anomalo può essere all’interno dell’utero e allora si parla di endometriosi interna o adenomiosi, può essere fuori dall’utero (ovaie, tube, vescica, ad esempio) e allora si parla di endometriosi esterna pelvica, e può avere localizzazioni “extrapelviche”, può cioè trovarsi in organi e tessuti al di fuori e lontani dalla pelvi (ombelico, appendice, polmoni, diaframma, intestino, ureteri, vescica) e può anche interessare nervi importanti come lo sciatico».
Uno dei problemi dell’endometriosi è il ritardo nella diagnosi, così come il fatto che non se ne conoscono con certezza le cause, né forme di prevenzione o cura. Si sa però che nel 30-40 per cento dei casi può portare all’infertilità, e che nel 60 per cento dei casi è un’esperienza dolorosa.
«L’endometriosi non è soltanto una malattia di genere – ha detto Pietro Giulio Signorile, presidente di Fie –, è una malattia sociale che, oltre ai dolori fisici, ha anche forti ripercussioni psicologiche nei rapporti di coppia e un impatto negativo nelle relazioni lavorative e sociali delle donne. Ricerca, sostegno, cura sono le parole chiave della nostra attività in cui anche l’informazione ha un ruolo cruciale per aiutare le donne a conoscere l’endometriosi e affrontarla nel modo giusto, libere da falsi miti e infondati sensi di colpa».
Su internet si trovano diverse “diete per l’endometriosi” (la stessa Fei ne pubblica una). Tuttavia, se anche porre curare l’alimentazione ha certamente delle ricadute positive, non bisogna cadere nell’illusione di poter risolvere la patologia esclusivamente con la dieta, soprattutto nei casi più gravi. Come scritto dalla ricercatrice Sylvia Mechsner sul Journal of Clinical Medicine: «In generale, le pazienti traggono benefici da una dieta ad alto contenuto di fibre con molta frutta e verdura, e si raccomanda un consumo ridotto di zucchero e prodotti animali. Su internet si possono trovare varie raccomandazioni per una “dieta per l’endometriosi”, che danno l’impressione che l’effetto di una certa dieta sia provato. Tuttavia, alcune di queste raccomandazioni non sono basate su studi empirici. Nella nostra esperienza, una dieta vegana senza zuccheri raffinati e glutine porta spesso a un miglioramento significativo dei sintomi (basato su dati non pubblicati). Soprattutto i prodotti lattiero-caseari e la carne di maiale potrebbero essere fonti di sostanze infiammatorie come le prostaglandine, quindi la carne di buona qualità come il pollo (carne bianca) e il pesce potrebbero essere consumate occasionalmente. Si presume che anche parti della mucosa/parete intestinale siano soggette a cambiamenti ciclici; il microbioma, ma anche l’infiammazione cronica, potrebbero essere coinvolti. Questo fenomeno deve essere esaminato in ulteriori studi».
Noi ci siamo
Quando è nata Avis Legnano i film erano muti, l’Italia era una monarchia e avere una radio voleva dire essere all’avanguardia. Da allora il mondo è cambiato, ma noi ci siamo sempre.