Dal 1° luglio del 2019 smetterà di esistere l’acquirente unico per l’energia. La notizia non è ancora certa, ma la misura che sancisce l’abolizione del regime della maggior tutela per le forniture di energia è contenuta nel disegno di legge concorrenza, in attesa di essere approvato al Senato e su cui il governo sembra intenzionato a porre la questione di fiducia. Non stiamo quindi parlando di retroscena e ipotesi lontane dalla realtà, ma di una possibilità molto concreta, che dovrebbe preoccupare molti consumatori. Come spiega l’economista Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano, l’acquirente unico è stato istituito quando è stato liberalizzato il mercato dell’energia elettrica. Esso funziona come un grande “gruppo d’acquisto”, un ente pubblico che compra energia all’ingrosso e poi la rivende a tariffe piuttosto convenienti a tutti gli acquirenti che non hanno ceduto alle offerte del mercato libero. Con 24 milioni di utenti, lo Stato è chiaramente in grado di spuntare tariffe molto vantaggiose dal fornitore, quindi è molto difficile per chi passa a una delle offerte presenti sul mercato avere risparmi significativi in bolletta. Anzi, se non si sta più che attenti alle truffe, c’è un’alta probabilità di ritrovarsi a pagare più di prima per lo stesso servizio. Il problema riguarda soprattutto i piccoli consumatori, e in particolare le famiglie.
Mentre il 45 per cento delle piccole imprese e attività commerciali sono passate al mercato libero (dati dell’Autorità dell’energia relativi a elettricità e gas nel 2014-15, pubblicati su Lavoce.info), le famiglie italiane si sono affidate al regime di maggior tutela nel 68 per cento dei casi.
La cosa più grave è che spesso, quando hanno scelto di sottoscrivere contratti con altre aziende, hanno visto aumentare gli importi in bolletta. «I 12 milioni di utenti che hanno ceduto alle asfissianti telefonate dei call center che ti promettono mirabolanti risparmi pagano l’elettricità il 20 per cento in più, secondo dati dell’Autorità per l’energia contestati dagli uomini di Calenda», scrive Meletti. Due grafici pubblicati su Lavoce.info mostrano in effetti che, da un monitoraggio delle offerte, si evince che esiste la possibilità di risparmiare, ma è anche molto concreta la possibilità di rimetterci: «Appaiono evidenti i significativi guadagni ottenibili sul mercato libero dagli utenti domestici, oltretutto percentualmente più elevati per le fasce di consumo più basse. La bassa partecipazione al mercato libero è dovuta agli elevati costi, reali o percepiti, sia nella ricerca delle informazioni sia nel passaggio a un nuovo contratto. Il secondo grafico evidenzia infatti come, scegliendo il contratto “sbagliato”, un consumatore domestico possa andare incontro a un incremento significativo di spesa».
Il problema è che si sta pensando più agli interessi delle aziende che a quelli dei cittadini. Un mercato competitivo funziona quando c’è piena informazione sul suo funzionamento da parte di tutti i soggetti che vi partecipano. Se c’è uno squilibrio di informazioni, qualcuno finirà per guadagnare molto, a scapito di altri. Nonostante i tentativi di rendere le bollette più “intelligibili”, resta ancora molto complicato valutare le offerte. «Secondo dati dell’Autorità per l’Energia – scrive ancora Meletti – un italiano normodotato impiegherebbe circa sei ore a capire che cosa c’è scritto nella sua bolletta elettrica, e quindi dovrebbe prendere qualche giorno di ferie per studiare la convenienza di un passaggio che nel migliore dei casi (secondo il governo) gli consentirebbe un risparmio del 5-10 per cento sulla bolletta». I consumatori italiani hanno dimostrato di essere piuttosto passivi da questo punto di vista (in linea con quanto accade in altri Paesi europei), e di certo il modo migliore per cambiare questa attitudine non è togliere all’improvviso le tutele previste finora. Si creerà solo malcontento e antipatia verso la classe politica e le aziende, accentuando una contrapposizione già molto forte nel Paese.
Quello del 1° luglio 2019 suona come un vero e proprio ultimatum: se ci si dimostrerà recidivi nel non volere scegliere un’offerta del mercato libero, si sarà consegnati a un unico fornitore, che provvederà ad alzare le tariffe in modo da spingere i consumatori a fare scelte diverse. «È scritto nel testo su cui Calenda vuole mettere la fiducia: “A condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero”». Più che “mercato a maggior tutela”, sembrano misure “a maggior tutela del mercato”.
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