Sta facendo molto discutere il servizio sulla femminilizzazione del maschio trasmesso durante Presa Diretta, nella puntata di lunedì 13 marzo su Rai 3 (la si può rivedere qui attraverso il servizio Rai Play). Il servizio di Lisa Iotti e Irene Sicurella si concentra sui dati di alcune ricerche effettuate in diversi istituti europei, dando la parola a studiosi che da anni si occupano di questo fenomeno. In particolare, molti studi si stanno concentrando sull’influenza che hanno certe sostanze, presenti in molti oggetti che utilizziamo ogni giorno, nello sviluppo del feto.
Come spiegato dal professor Richard M. Sharpe, professore emerito all’Università di Edimburgo (e molte altre cose), il sesso maschile del feto durante la gestazione è determinato da una modifica al “programma di base”, che senza tale modifica darebbe luce a una femmina. La differenza cromosomica del feto avvia la produzione di testosterone, che innesca la formazione, nel corso dei mesi successivi, degli attributi maschili. Se qualcosa va storto in questa fase, il processo di “mascolinizzazione” del feto non avviene, o avviene solo in parte. È così che vengono alla luce neonati di cui non si può stabilire con certezza il genere.
Ciò che, stando a molte ricerche, sta influenzando negativamente questo processo, è un mix di sostanze molto usate nella produzione industriale di cosmetici, barattoli per cibo in scatola, pellicole alimentari, vernici, detersivi, ecc. La tossicità di queste sostanze (le più citate sono gli ftalati e il bisfenolo A) è nota da tempo (si guardi per esempio questo opuscolo pubblicato nel 2012 dal Ministero della salute, la cui copertina colpisce per l’inutile presenza di stereotipi di genere), e infatti la loro presenza nei prodotti che utilizziamo è regolata da direttive europee e leggi nazionali. Dunque non stiamo parlando di una questione di “illegalità” dei prodotti, bensì di una non sufficiente presa di coscienza del rischio rappresentato dalla continua esposizione a queste sostanze, soprattutto per le donne incinte.
Uno dei problemi nel fissare dei parametri è dato dal fatto che a essere pericolose non sono le singole sostanze, bensì la loro mescolanza. Per capirci, nel servizio si fa un parallelismo con l’alcol: se durante una serata si beve qualche bicchiere di vino, oppure una pinta di birra, oppure della grappa, probabilmente non si andrà incontro a un’intossicazione. Se invece si assumono le tre cose una dopo l’altra, le conseguenze sono immaginabili. Allo stesso modo agirebbero le sostanze in questione. Il guaio di queste ultime è quello di “somigliare”, a livello chimico, agli ormoni femminili. Il feto in fase di sviluppo, entrando in rapporto con tali molecole, riceve quindi un messaggio contraddittorio: mentre da una parte si sta sviluppando come maschio, arrivano delle sostanze che gli dicono invece di interrompere quel processo, e restare femmina.
Le conseguenze di questo fenomeno sarebbero fattori molto influenti per la ridotta fertilità maschile che da tempo è documentata in larga parte della popolazione mondiale: minore produzione di testosterone e minore vitalità degli spermatozoi. Due fattori che rendono meno probabile la fecondazione dell’ovulo. Si tratta di ricerche che richiedono ancora tempo e maggiore diffusione, probabilmente, per arrivare a influenzare i decisori politici verso una limitazione delle sostanze potenzialmente tossiche. Nel frattempo, visto dagli occhi del cittadino comune, sembra di essere tornati all’improvviso agli anni ’80-’90 del secolo scorso, quando la scienza cominciava ad accorgersi delle conseguenze potenzialmente devastanti (per l’uomo ma anche per l’ambiente) di sostanze contenute in pesticidi e altri prodotti “innovativi”.
Allargando il discorso, tutto questo potrebbe anche suonare come uno “schiaffo” verso l’eccessiva preoccupazione destinata negli ultimi anni ad alimenti sostanzialmente innocui come il glutine (a eccezione dei celiaci, ovviamente), l’olio di palma o la “soia transgenica”. Ed è anche un elemento di riflessione verso un aspetto su cui sarebbe interessante fare un altro servizio, altrettanto dettagliato, ossia ciò che succede dopo che l’individuo nasce. Quello dell’identità di genere è un fronte su cui periodicamente nascono scontri anche molto accesi tra chi difende i diritti degli individui e chi vorrebbe imporre valori più “conservatori”. Talvolta gli argomenti di questi ultimi si appoggiano a una presunta “caduta” dei costumi e a una “confusione” nell’individuo data dal contesto, dalla società, da fantomatiche “teorie gender”. Ci si dimentica dunque di dare il giusto peso alla chimica, alla genetica, e al fatto che una persona che nasce con un corpo diverso da quello della maggior parte dei suoi simili avrà soprattutto bisogno di inclusione e di supporto psicologico. Non di qualcuno che gli dica come dovrebbe essere e cosa dovrebbe sentire.
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