Un’indagine condotta dall’organizzazione ambientalista Fauna & Flora ha rilevato che l’estrazione di minerali rari dai fondali marini profondi potrebbe causare danni “estesi e irreversibili” al pianeta.

Il rapporto, di cui scrive il Guardian, alimenta la polemica in corso rispetto alle proposte di “ripulire” i fondali oceanici da minerali rari, tra cui cobalto, manganese e nichel. Le compagnie minerarie vogliono sfruttare questi giacimenti, fondamentali per il settore delle energie alternative, perché le riserve terrestri sono in rapido esaurimento.

Tuttavia oceanografi, biologi e altri ricercatori hanno avvertito che queste attività sarebbero altamente inquinanti e distruggerebbero le riserve ittiche globali, compromettendo gli ecosistemi marini.

L’oceano svolge un ruolo cruciale nel funzionamento del nostro pianeta e la protezione del suo delicato ecosistema è fondamentale non solo per la biodiversità marina, ma per tutta la vita sulla Terra.

Le profondità marine custodiscono vasti serbatoi di CO2, che potrebbero essere completamente compromessi da un’attività estrattiva della portata proposta, aggravando la crisi globale dovuta all’aumento dei livelli di gas serra.

Recenti ricerche hanno anche sottolineato che la nostra conoscenza e comprensione della biodiversità è del tutto incompleta. «Ogni volta che viene lanciata una spedizione per raccogliere specie – ha detto Sophie Benbow, direttrice di Fauna & Flora –, scopriamo che tra il 70% e il 90% di esse sono nuove per la scienza. Non si tratta solo di nuove specie, ma di interi generi di piante e creature di cui non sapevamo nulla».

I delicati e longevi abitanti degli abissi verrebbero cancellati dal dragaggio dei fondali, hanno avvertito i ricercatori. E non ci sarebbe nemmeno la possibilità di un rapido recupero. A profondità di diversi chilometri, infatti, il cibo e l’energia sono limitati e la vita procede a un ritmo molto lento. «Una volta persa, la biodiversità sarà impossibile da ripristinare», si legge nel rapporto.

La battaglia per le risorse marine profonde del nostro pianeta si concentra principalmente sui noduli di manganese, nichel e cobalto che ricoprono i fondali oceanici. Questi metalli sono fondamentali per la produzione di auto elettriche, turbine eoliche e altri dispositivi che saranno necessari per sostituire camion, centrali e fabbriche inquinanti.

Per questo motivo, le società minerarie si stanno adoperando per estrarli in grandi quantità utilizzando dei rover, collegati a delle navi tramite tubi, che si muovono sul fondo dell’oceano, aspirano i noduli e li trasportano in superficie.

Secondo i biologi marini, però, operazioni di questo tipo sarebbero devastanti per gli oceani, già sotto stress, distruggendo i loro delicati ecosistemi e sollevando sedimenti di metalli tossici che entrerebbero nelle catene alimentari marine.

Le compagnie minerarie si sono difese sottolineando che la perforazione delle riserve minerarie sulla terraferma è ancora più dannosa per il pianeta. Se concentriamo tutti i nostri sforzi di raccolta sulla terra, è l’argomentazione, danneggeremo ulteriormente l’ambiente. Meglio rivolgersi invece alle profondità oceaniche.

Catherine Weller, di Fauna & Flora, respinge però questa affermazione: «Nessuna di queste aziende ha mai detto che, se iniziasse a estrarre dai fondali marini profondi, smetterebbe di estrarre sulla terraferma. Non faremmo altro che aggravare i nostri problemi».

«Questo è un anno cruciale – ha dichiarato Weller –. Il recente trattato delle Nazioni Unite per la protezione dell’alto mare rappresenta un chiaro riconoscimento dell’importanza della conservazione degli oceani, ma sono ancora necessari sforzi di collaborazione per frenare l’attività estrattiva in acque profonde».

(Foto di Jong Marshes su Unsplash)

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