È stato molto commentato il post su Facebook di Franco Esposito, parroco di Poggioreale, a seguito dell’evasione di un detenuto (che è stato poi identificato e arrestato dopo un giorno) dal carcere di Napoli. Don Franco ribalta il punto di vista proposto dai media sull’accaduto, dicendo di non essere stupito per l’evasione (che pure è stata eccezionale e rocambolesca), ma per il fatto che si continuino a tenere delle persone in carcere in condizioni lesive dell’integrità e della dignità umana.

Il commento di don Franco

«Perché stupirsi davanti ad una evasione dal carcere, è la cosa più naturale che possa accadere. Quello che è innaturale è tenere rinchiuse delle persone in una situazione disumana e degradante. Con questo non sto assolutamente giustificando l’evasione di un pericoloso criminale (questo almeno secondo gli organi di informazione) ma vorrei spostare l’attenzione sul fatto che carceri come quello di Poggioreale non hanno certamente i requisiti per essere rieducativi e non servono certo al reinserimento della persona detenuta nel tessuto sociale. Allora mi domando: se il carcere non è questo, qual è il suo compito e a cosa serve? […]

Io “mi meraviglio” non per uno che scappa ma per l’ottanta per cento che dopo aver finito la pena in carcere ritorna a commettere reati e quindi vi rientra. Il carcere ha fallito, il carcere non risponde alla giusta domanda di sicurezza che i cittadini vogliono dalle istituzioni. […] Mi riferisco all’affermazione che scarica la colpa dell’evasione al fatto che pur essendoci pochi agenti della polizia non sono state sospese le attività trattamentali. L’unica cosa che da una parvenza di legalità a una istituzione deficitaria come quella di Poggioreale, doveva essere sospesa per sacrificare anche quel poco di buono che con sacrificio si riesce a realizzare sull’altare della sicurezza». Nell’ultima parte dell’intervento, don Franco si riferisce alla richiesta di interrompere attività come scuola, lavoro e sport per scarsità di personale di polizia penitenziaria.

La situazione nelle carceri italiane

Nonostante l’aspetto “eversivo” del commento di don Franco Esposito, la situazione che egli denuncia è del tutto confermata dai dati relativi alle condizioni delle carceri italiane. Il rapporto di metà anno dell’associazione Antigone non lascia spazio a dubbi: «Al 30 giugno 2019 i detenuti ristretti nelle 190 carceri italiane erano 60.522. Negli ultimi sei mesi sono cresciuti di 867 unità e di 1.763 nell’ultimo anno. Il tasso di sovraffollamento è pari al 119,8 per cento, ossia il più alto nell’area dell’Unione Europea […]. Il Ministero della Giustizia precisa che i posti disponibili nelle carceri italiane sono 50.496, un dato che non tiene conto delle sezioni chiuse. […] Secondo il Garante nazionale delle persone private della libertà alla capienza attuale del sistema penitenziario italiano vanno dunque sottratti almeno 3.000 posti non agibili. A Como, Brescia, Larino, Taranto siamo intorno a un tasso di affollamento del 200%, ossia vivono due detenuti dove c’è posto per uno solo. Nel 30% degli istituti visitati dalla nostra associazione in questi primi mesi dell’anno sono state riscontrate celle dove non era rispettato il parametro minimo dei 3 mq. per detenuto, al di sotto del quale si configura per la giurisprudenza europea il trattamento inumano e degradante».

La qualità della vita in carcere non è però data solo dai metri quadrati, ma anche da come viene riempito il tempo passato in detenzione. Anche su questo la situazione generale è tutt’altro che incoraggiante: «Nel 65,6 per cento delle carceri non è possibile avere contatti con i familiari via Skype, nonostante la stessa amministrazione e la legge lo prevedano. Nell’81,3 per cento delle carceri non è mai possibile collegarsi a internet. Inoltre alcune recenti circolari hanno previsto dei cambiamenti in peggio poco giustificabili soprattutto nella stagione estiva, quale ad esempio l’obbligo di tenere spenta la televisione dopo la mezzanotte. […] In alcuni istituti penitenziari inoltre stanno chiudendo i corsi scolastici e per molti detenuti non sarà possibile frequentarne dal prossimo anno scolastico».

(Foto di Ye Jinghan su Unsplash)