Con i suoi oltre 2,2 miliardi di utenti attivi ogni mese, Facebook resta di gran lunga il più grande e importante social network attualmente esistente. Tuttavia alcuni eventi recenti ne hanno messo in discussione la credibilità e affidabilità, soprattutto nella gestione della privacy degli iscritti. Ecco perché stupisce l’idea della multinazionale di lanciare Portal, un nuovo “coso” domestico che ci aiuterà nella vita di tutti i giorni, approfittandone per raccogliere altre montagne di dati sugli utenti.

I sondaggi più recenti sul livello di fiducia che gli utenti nutrono nell’affidabilità delle grandi compagnie tecnologiche vedono Facebook in grande difficoltà rispetto alla concorrenza. Un sondaggio Reuters/Ipsos realizzato a marzo di quest’anno vedeva il 51 per cento dei rispondenti dichiarare di non credere al fatto che Facebook rispetti le leggi che proteggono i dati personali. Nonostante ci sia una certa diffidenza in generale rispetto alle tech companies da parte degli utenti, solo nel caso di Facebook il parere è apertamente negativo per oltre la metà del campione. Secondo una ricerca fatta dalla compagnia HarrisX, Facebook è la piattaforma social che più di ogni altra dovrebbe essere sottoposta a «pesanti regolamentazioni» (49 per cento). Inoltre per il 44 per cento degli interpellati a Facebook non importa davvero della loro privacy. Un risultato negativo condiviso solo con Twitter (33 per cento), mentre per le altre compagnie la percentuale degli scettici è compresa tra il 10 e il 24 per cento. Addirittura il 40 per cento dei partecipanti è convinto di essere “spiato” da Facebook. Questi numeri risalgono ad aprile, a ridosso della testimonianza resa dal CEO di Facebook Mark Zuckerberg al Congresso degli Stati Uniti a seguito del caso Cambridge Analytica. Non era il primo guaio di Facebook legato alla protezione dei dati degli utenti, e non è stato l’ultimo.

Recentemente una falla di sicurezza che utilizzava la funzione “Visualizza come” della piattaforma ha portato alla violazione di circa 30 milioni di profili (all’inizio si parlava di 50 milioni). «Per 15 milioni di persone, gli hacker hanno avuto accesso a due gruppi di informazioni: nomi e dettagli di contatto (numero di telefono, indirizzo mail o entrambi, a seconda di ciò che ogni utente aveva salvato nel profilo). Per 14 milioni di utenti, gli hacker hanno avuto accesso alle stesse due tipologie di informazioni, più altri dettagli come nome utente, genere, zona/lingua, relazione in corso, religione, città di nascita, città attuale, data di nascita, device usati per accedere a Facebook, istruzione, lavoro, gli ultimi 10 posti in ci si è registrati o si è stati taggati, sito internet, persone o pagine che si seguono e le 15 ricerche più recenti. Per un milione di persone, gli hacker non hanno visto nulla».

Per quanto riguarda Portal e la raccolta dei dati degli utenti, la comunicazione di Facebook non è stata molto chiara. Inizialmente, scrive Recode, è stato detto che nessun dato sarebbe stato raccolto da Portal per mandare pubblicità mirate su Facebook: non il registro delle chiamate, né i dati di utilizzo, e nemmeno il fatto che uno abbia ascoltato o meno della musica su Spotify. Poi però Facebook ha specificato che, sebbene Portal non avrà pubblicità, i dati su chi si chiama e quali app si usano potranno essere utilizzate per mandare annunci personalizzati su altre piattaforme di proprietà di Facebook. L’infrastruttura su cui si regge Portal è quella di Messenger, quindi i dati raccolti saranno gli stessi. Al momento non c’è un piano preciso di utilizzo di questi dati, o almeno non è stato comunicato.

Diciamo che, se già le premesse per il lancio del prodotto, alla luce dei livelli di fiducia degli utenti, non erano fantastiche, questo ennesimo pasticcio non migliorerà di certo le cose. E voi, siete pronti ad acquistare un prodotto che vi permetterà di regalare altre tonnellate di dati a un’azienda tecnologica in cambio di pubblicità mirata? La proposta, non c’è che dire, è allettante.

(Foto di Glen Carrie su Unsplash)