Il decreto con cui il governo ha introdotto le misure di parziale allentamento del lockdown seguito all’epidemia di coronavirus, avviando la cosiddetta “fase 2”, ha subito diverse critiche. Vediamo di seguito le preoccupazioni di due categorie di persone maggiormente vulnerabili di cui ci siamo occupati diverse volte nelle ultime settimane, ossia i senza dimora e le persone con disabilità.
Preoccupazione per i senza dimora
«Siamo molto preoccupati per l’inizio della fase due visto che nella fase uno è stato fatto troppo poco e i problemi più gravi sono rimasti irrisolti». Inizia così il comunicato stampa del 27 aprile di InterSOS, associazione che si occupa di persone senza dimora a Roma. «In strada incontriamo donne vittime di violenza, minori e neo adulti vulnerabili, persone con patologie croniche, ultra 70enni in giacigli di fortuna, che sono, purtroppo, solo la scandalosa punta dell’iceberg di una vasta vulnerabilità. Dall’inizio della crisi sono state bloccate quasi tutte le risposte di accoglienza a livello cittadino, i servizi sanitari adottano prassi difformi nello stesso territorio, le Istituzioni faticano a stabilire un confronto per la messa in atto di procedure coordinate. Mancano strutture dedicate all’accoglienza dei vulnerabili per l’isolamento fiduciario, per la quarantena, per l’attesa dei risultati dei tamponi, così come azioni propedeutiche ad un eventuale inserimento nelle strutture di accoglienza, rendendo inefficace il sistema di protezione. E, infine, cosa altrettanto grave, manca ora una cabina di regia tra istituzioni, e tra istituzioni e organizzazione della società civile, capace di garantire una vera risposta socio – sanitaria integrata. Oggi la nostra presenza garantisce un presidio sanitario altrimenti troppo debole, sempre in coordinamento con tutti i soggetti pubblici, a cominciare dalle ASL. Siamo in attesa dell’apertura di una struttura dedicata da parte della Regione Lazio. Siamo in attesa dello sblocco delle accoglienze nel circuito cittadino e nel circuito SIPROIMI. È però venuto il momento di fare un passo avanti, senza rinvii e perdite di tempo, e che, urgentemente, entro il 3 maggio, ciascuno si assuma le proprie responsabilità nel dare le risposte necessarie».
Le richieste dal mondo della disabilità
«Alle numerose richieste pervenute ai nostri sportelli e alle nostre associazioni federate rispondiamo che questo DPCM non contiene ancora quelle misure a sostegno delle famiglie che pure il Presidente del Consiglio ha preannunciato [sabato 26 aprile]», ha detto il presidente della Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish), Vincenzo Falabella. «Il primo atto in cui ci si può attendere un’azione decisa a sostegno delle famiglie è notoriamente il decreto legge che il Consiglio dei Ministri con tutta probabilità approverà prima della fine del mese. In realtà Fish non si aspetta solo qualche giorno di permesso o semplici formule di flessibilità lavorativa, pur essenziali alle famiglie e ai lavoratori con disabilità. Su questi aspetti ci si attende chiarezza e velocità di applicazione e che non si ripeta la vergogna della mancata applicazione dell’articolo 26 del decreto ‘Cura Italia’, quello che avrebbe consentito ai lavoratori con grave disabilità o con rischi immunitari di astenersi dal lavoro fino a fine aprile. È rimasto e rimarrà lettera morta, anche dopo l’improbabile emendamento in fase di conversione in legge, generando aspettative totalmente disattese e umiliando i lavoratori con disabilità. Fish – ha proseguito Falabella – ha chiesto ed aspetta un intervento articolato, solido e strutturale a sostegno della emergenza che tanti nuclei con persone con disabilità, tante persone con disabilità, tanti caregiver familiari stanno attendendo e non hanno avuto fino a questo momento. Abbiamo chiesto non solo servizi ma anche, vista la straordinarietà della situazione, indispensabili sostegni di natura economica ad iniziare dall’innalzamento delle pensioni e degli assegni per invalidità civile a 600 euro. Ci auguriamo di poterne trovare traccia scritta nel prossimo decreto legge».
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