Il problema dei rider, o fattorini digitali (cioè i vecchi pony express) resta controverso dal punto di vista dell’inquadramento dei lavoratori, pagati troppo poco e privi di qualsiasi garanzia. C’è però un altro modo in cui si parla del problema, con cui ci si scaglia con la modalità di selezione e valutazione del lavoro, giudicata troppo fredda e delegata in toto al giudizio di uno spietato algoritmo. In realtà, come spiega Riccardo Luna su Agi, l’algoritmo permette una maggiore meritocrazia e riduce le possibilità di discriminazioni.

Ora sembra che il primo problema del lavoro in Italia sia quello di regolamentare i fattorini digitali. Quelli che ci portano a casa pizza, hamburger, sushi, in qualche caso anche le medicine. Sono sfruttati, si dice, non hanno protezioni in caso di incidenti. Fino all’oltraggio peggiore: sono gestiti da un algoritmo. Lo si dice senza capire bene cosa sia un algoritmo, ma lasciando intendere che si tratta di una cosa fredda, crudele, spietata, una creatura orrenda che viene dal mondo digitale per schiavizzare noi umani.

In realtà, semplificando parecchio, un algoritmo è soltanto uno strumento matematico per misurare qualcosa. In questo caso una prestazione di lavoro. In un paese in cui molte prestazioni di lavoro sono misurate sulla base delle simpatie e delle antipatie, in troppi casi del sesso o del colore della pelle, essere valutati sulla base di un algoritmo è una tutela non una offesa. Vuol dire che si viene pagati sulla base di un servizio effettivamente svolto. Non mi importa come la pensi, non mi importa per chi voti, se sei bella o se sei gay. Conta il risultato. Opporsi equivale a dire che chi timbra il cartellino quando entra in ufficio viene giudicato sulla base di un orologio.

Il mestiere di fattorino digitale è sempre esistito, quando ero un ragazzo si chiamavano pony express e li chiamavi al telefono; ora lo fai tramite una app che ti mostra il profilo di chi sta arrivando a casa tua, dove si trova in quel momento, tra quanti minuti arriverà e ti consente di esprimere un voto su come si è comportato. Insomma, non mi pare un oltraggio alla dignità di chi lavora (detto che si tratta di un lavoretto, fatto per arrotondare o durante periodi di disoccupazione o studio).

Diversa la questione della paga e delle garanzie. In questi giorni sono usciti i compensi riconosciuti dalle varie piattaforme digitali, e c’è veramente una notevole sproporzione: in alcuni casi siamo sotto la soglia della dignità. Peggiore il caso delle garanzie: consegnare pasti di notte in moto o in bici non è come andare in guerra ma è sicuramente rischioso, soprattutto in città come Roma dove tra una buca e l’altra ci sono anche delle strade. Non offrire nessuna assicurazione in caso di incidente o poche migliaia di euro in caso di invalidità permanente è, questo sì, un oltraggio. Per questo mi dico: ma a conti fatti, non erano meglio gli odiosi voucher che prevedevano reddito minimo, contributi e assicurazione e contro i quali ci siamo battuti sui social mentre ordinavamo una pizza a domicilio?

(Foto di Kai Pilger su Unsplash)