Da giorni si sente dire che dall’anno prossimo torneranno a crescere i tassi d’interesse, il che potrà essere un problema per chi sta ripagando un debito pluriennale. Ma in che misura avverrà il rialzo? C’è da preoccuparsi per una “tempesta finanziaria”? Risponde Matteo Cavallito su Valori.
L’Italia e il suo debito dovranno fare a meno della Banca Centrale Europea. Ma non per questo andranno incontro alla temuta bufera dei mercati. È il messaggio implicito contenuto nelle dichiarazioni rilasciate [il 14 giugno] da Mario Draghi (https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=wAqsiIRHkVI). La BCE, in ogni caso, ridurrà gli acquisti dei titoli previsti dal quantitative easing (QE) a 15 miliardi mensili fino a dicembre. Dal gennaio 2019 le operazioni saranno azzerate.
Doping BCE
Comprare bond sovrani sul mercato per sostenerne il prezzo e abbassarne, va da sé, i rendimenti. Quello del QE è stato uno sforzo notevole e le cifre sono lì a dimostrarlo: soltanto negli ultimi tre anni, per dire, gli acquisti netti di Btp italiani da parte della BCE ammontano a 345 miliardi di euro. L’istituto centrale europeo, per regolamento, non può comprare i bond alle aste periodiche dei singoli Stati (mercato primario) ma può acquistarne di sua iniziativa dagli investitori (mercato secondario).
Le operazioni spingono al rialzo la domanda facendo salire il prezzo dei bond e riducendone così i rendimenti. Quando questi ultimi sono bassi, i nuovi titoli collocati in asta – che seguono l’indicazione di prezzo del mercato – vengono piazzati ad un valore più elevato garantendo a chi li emette – nel nostro caso lo Stato italiano – la possibilità di pagare interessi ridotti.
Il quantitative easing europeo si basa proprio su questo principio: creare un mercato sufficientemente “dopato” sul fronte della domanda per dare respiro ai Paesi dell’Eurozona. Con tanti saluti al temuto spread che nell’ultimo quinquennio, non a caso, è tornato a livelli simili a quelli registrati agli albori della moneta unica. Quando il rischio default della Grecia, per capirci, era ritenuto tanto improbabile quanto (o quasi) quello della Germania.

No, nessun complotto
La BCE – è bene sottolinearlo – non ha elargito trattamenti di favore. Le voci incontrollate sul presunto “complotto dello spread” (Sic…) che avrebbe colpito l’Italia negli ultimi mesi sono smentite dai numeri: è vero che gli acquisti del 2018 si sono ridotti ma il trend vale per tutti i Paesi. Nel maggio di quest’anno il valore nominale dei titoli italiani finiti in mano alla BCE ammonta a 3,6 miliardi, un dato inferiore a quello registrato ad aprile ma perfettamente in linea con la media dell’anno in corso. Dal 2015 ad oggi, evidenziano le cifre diffuse da Eurotower, gli acquisti hanno seguito un andamento del tutto analogo per i bond delle quattro maggiori economie dell’Eurozona: Germania, Francia, Italia e Spagna.

E adesso?
A seguito del QE gli interessi sui titoli italiani a dieci anni – ovvero i costi di indebitamento sostenuti dalla Penisola – hanno raggiunto il minimo storico (https://it.tradingeconomics.com/italy/government-bond-yield), complice anche il bassissimo tasso di inflazione. Rialzi futuri sui rendimenti sono ovviamente possibili, per non dire probabili. Vuoi per l’incertezza politica, vuoi per la chiusura del QE. Ma l’ipotesi di una tempesta finanziaria fatta di speculazione incontrollata da un lato e legittima sfiducia dall’altra appare improbabile.

(Foto di European Central Bank su flickr)