Con 3.400 musei, 2.100 aree e parchi archeologici e 43 siti dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco, l’Italia necessita di grande impegno e risorse per tutelare la propria cultura. «Tanto è vero che accanto allo Stato, ai comuni, alle province e alle regioni c’è un intervento importante delle fondazioni di origine bancaria che destinano risorse ingenti a questo settore». Lo afferma Ledo Prato, segretario generale di Fondazione CittàItalia, un progetto nato per affiancarsi alla gestione pubblica nella valorizzazione e tutela dei beni culturali, chiedendo il supporto di aziende e privati cittadini: un evidente caso di applicazione di modalità di fundraising replicate dal mondo del sociale a quello della cultura. Tra le iniziative proposte vi sono dal 2004 le “Giornate dell’arte”: «Attraverso una vera e propria consultazione popolare -si legge sul sito della fondazione–, i cittadini possono indicare le opere d’arte da restaurare, segnalandole o votandole in tempo reale attraverso le pagine di questo sito». Trenta le opere già salvate, tra cui un dipinto murale nella Casa della fontana piccola di Pompei, e l’allestimento di una riproduzione tattile dell’Ultima cena di Leonardo Da Vinci, nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano, appositamente studiato per visitatori non vedenti e ipo-vedenti. Molte altre quelle in lista d’attesa, che saranno oggetto di donazione durante le prossime Giornate.
«Chi opera, come noi, in questo ambito, fa un percorso tutto in salita -riprende Prato-. Il processo di crescita delle donazioni è molto lento e si contrae in periodi difficili e di crisi come quelli che stiamo attraversando. Noi stessi siamo stati penalizzati: tra il 2009 e il 2010 abbiamo raccolto il 30 per cento in meno rispetto all’anno precedente». Ancora poche in Italia le fondazioni che operano esclusivamente attraverso il fundraising, molto più praticata la via pubblica, privata o mista. Chi opera in questo settore deve scontrarsi oggi contro «due elementi -continua Prato-: una scarsa cultura della donazione a favore della cultura e un sistema che non favorisce chi vuole donare». Eppure il terreno su cui si lavora è fertile, come assicura Prato: «Esiste una grande domanda di cultura e l’aumento dei consumi culturali lo dimostra. Ora deve scattare l’altro passo: far capire che per soddisfare questa domanda ci deve essere l’offerta e quindi tutti noi dobbiamo contribuire a salvarla, a non farla deperire».
E quindi attivarsi affinché avvenimenti come quello del Contemporary art museum di Casoria (Napoli) la smettano una volta per tutte di togliere slancio alla nostra offerta culturale. Il museo è stato inserito tra i trenta siti più interessanti per l’arte contemporanea in Italia, dalla Biennale di Venezia, e quindi avrebbe potuto partecipare all’iniziativa “Percorsi e soste del Padiglione Italia”. Ma dopo una prima risposta positiva, «si è dovuta sospendere la cosa a causa dell’impossibilità di accesso al Museo per la grande quantità di rifiuti che occupano le strade di passaggio», come scritto nella lettera indirizzata al Padiglione Italia della Biennale d’arte 2011. Un peccato per uno dei musei più chiacchierati della penisola, per la forte carica provocatoria delle sue mostre, sempre incentrate sull’impegno nel sociale. Solo nel febbraio scorso, in un clima di isolamento da parte delle istituzioni politiche, il direttore Antonio Manfredi aveva fatto pubblico appello di asilo culturale e politico alla Germania, inviando una lettera al cancelliere Angela Merkel, in cui si diceva pronto a trasferire l’intera collezione allo Stato tedesco, dove avviare una nuova attività museale. Ne nacque una grande mostra alla Kunsthaus Tacheles di Berlino. I tedeschi, si sa, non si perdono in chiacchiere.