Il Fondo per la non autosufficienza rischia di subire un taglio di 50 milioni di euro rispetto ai 500 milioni promessi. La voce circolava da qualche giorno e aveva trovato subito la risposta piccata delle associazioni, che restavano in attesa di una smentita da parte del Ministero. Al contrario, dal ministro Giuliano Poletti è arrivata la conferma che l’ipotesi di taglio è “sul tavolo”.

Sembrava che le cose si stessero mettendo diversamente fino a qualche giorno fa, visto che l’8 febbraio la Camera aveva approvato una legge che recepiva il decreto numero 243 del 29 dicembre 2016, che prevedeva un aumento del Fondo per la non autosufficienza di 50 milioni, per portarlo a 500 milioni di euro.

Occorre dire che né 450, né 500 milioni sono cifre adeguate a coprire le necessità delle famiglie e delle persone che hanno bisogno di assistenza costante. Ma l’aumento era pur sempre una conquista, accolta con ottimismo dalle associazioni e dalle famiglie, nella speranza di avere margini di miglioramento in futuro. Vincenzo Falabella, presidente di Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) aveva commentato così le voci relative al possibile taglio: «Da anni stiamo ipotizzando l’avvio di un Piano per la non autosufficienza. Finalmente c’è un impegno politico in questo senso, risultato di una pressione molto forte dell’intero movimento delle persone con disabilità. I 500 milioni destinati al Fna per il 2017 rappresentano un traguardo raggiunto con impegno e con lotte di persone con disabilità, loro familiari, associazioni. Non ci lasceremo scippare questa conquista che è il primo tassello per politiche più inclusive e servizi più efficaci».

C’è da dire, come riporta la stessa Fish in un comunicato successivo, che lo stesso Poletti «ha espresso ripetutamente la propria decisa contrarietà a questa prospettiva, rassicurando che la esprimerà in tutte le sedi istituzionali operando per il mantenimento integrale degli stanziamenti stabiliti dall’ultima legge di bilancio. Questa istanza è supportata anche dalla volontà di elaborare e attuare un Piano per la non autosufficienza e garantire, a breve, livelli essenziali di prestazioni che consentano omogenea esigibilità di adeguati servizi in tutta Italia. Sulla costruzione di questo impianto sta appunto operando il Tavolo per le non autosufficienze fortemente voluto dal Ministero, dalle Associazioni e dalle organizzazioni sindacali che, nell’incontro di ieri, in modo unanime, hanno espresso forte dissenso rispetto al possibile scenario di compressione». Un’altra associazione, Aisla, ha detto senza mezzi termini che se l’impegno non sarà mantenuto ci sarà una mobilitazione e si scenderà in piazza a lottare per i diritti delle persone non indipendenti.

Tutta questa trattativa per restare aggrappati alla possibilità di ottenere una cifra leggermente più alta rischia però di sminuire la questione, come se con 500 milioni di euro all’anno il problema fosse effettivamente risolto. Le cose non stanno così, ma lo si coglie solo ragionando su una prospettiva più ampia, cosa impedita proprio dal continuo litigare per tirare dalla propria parte la proverbiale coperta troppo corta. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, intervenuto il 9 febbraio nel corso di un incontro alla Camera curato dall’Auser, ha proposto un’analisi che prova a guardare oltre l’immediato futuro. «La spesa per la non autosufficienza tenderà ad aumentare fortemente nei prossimi anni, passando dall’attuale 1,9 per cento del Pil al 3,2 per cento da qui al 2060», ha spiegato. «Il modo con cui è stato affrontato il tema in Italia è basato sull’incrocio tra il sostegno informale delle famiglie e la disponibilità di lavoro a relativamente basso costo grazie all’immigrazione. Un modello che verrà messo sotto pressione da questi sviluppi. Secondo le nostre stime, la domanda di persone che prestino assistenza alle persone non autosufficienti è destinata a triplicarsi in questo periodo di tempo, le famiglie diventano sempre più piccole e non è pensabile che queste responsabilità continuino a gravare sulle donne in un contesto in cui vogliamo che la presenza femminile sul nostro mercato del lavoro si rafforzi. Questo modello che grava così tanto sulla famiglia non è in grado di reggere questa sfida».

Boeri arriva a ipotizzare l’introduzione di «contributi obbligatori destinati in modo trasparente al fondo della non autosufficienza per sostenere le politiche di sostegno alle famiglie con persone non autosufficienti». Potrebbe essere un’iniziativa da prendere in considerazione da parte della politica. Certo introdurre un’ulteriore contributo su un costo del lavoro già altissimo sarebbe una mossa forse azzardata. Sempre meglio però dell’estenuante tiro alla fune a cui stiamo assistendo in questi giorni.

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