Gli ultimi anni sono stati piuttosto complessi. Non solo per questioni di vita quotidiana che hanno colpito moltissime persone, ma anche per una difficoltà a capire un quadro internazionale sempre più complesso. In questo contesto, si è fatta strada la “geopolitica”, una disciplina dai contorni poco chiari e dal passato controverso. Come scrive Christian Raimo su Lucy, più che di geopolitica avremmo bisogno di geografia, a partire dalle scuole.

Qualche settimana fa entro in una classe, una quarta mi sembra (insegno filosofia e storia in un liceo scientifico), a fare supplenza, chiedendomi come sempre e chiedendo agli studenti se il buco gli serva per ripassare – una verifica, un’interrogazione di massa – oppure se sta a me inventarmi un’alternativa al completo cazzeggio o alla completa noia. Non lo so, prof, mi rispondono, possiamo continuare? – metà della classe è fuori; l’altra metà in aula.

Stanno giocando, alla lavagna elettronica collegata alla rete, a Geoguessr.

Io non ho idea di cosa sia, me lo spiegano: è un gioco per browser il cui obiettivo è indovinare, a partire da pochi elementi, dove si trovi il luogo mostrato da un’immagine di Google Street View fornita randomicamente dall’algoritmo”.

Le scritte che possono dare degli indizi troppo facili – le indicazioni stradali, le bandiere – sono spesso blurrate.

Si fa presto a entrare in fissa per Geoguessr, se si ha un minimo di nerditudine o ci si ingarella facile per le gare a tempo. Per esempio: uno studente esperto di alberi, butta lì Norvegia o Svezia se scorge conifere che –  secondo lui – è probabile che crescano nei paesi scandinavi; molti ovviamente cercano di decrittare le lingue che si vedono nelle pubblicità o sulle insegne dei negozi, anche se, quando in inglese, non sono poi così utili per individuare se quello nella foto è il Canada, il Regno Unito, la Nuova Zelanda. Io ne ho tentate quattro, cinque; un paio completamente toppate, un paio giuste, una mi sono avvicinato. Loro tutti non se la cavavano affatto male.

Questa session di Geoguessr è stata un’importante eccezione alla regola. La regola è che la geografia, in ogni sua forma, non esiste quasi più nella scuola italiana.

Quando prendo una classe dall’inizio del triennio, una delle prime attività che propongo in classe è quella di segnare nomi di nazioni e di capitali su una cartina muta dell’Europa: sarebbe abbastanza velleitario altrimenti introdurre basso medioevo al suo termine o fine dei poteri universali (Chiesa, Impero) o la nascita degli stati nazionali, senza conoscere nemmeno posizioni, dimensioni, confini degli stati attuali.

Spesso questo esercizio crea il panico. La misconoscenza geografica è trasversale; anche quelli bravi hanno lacune immense. La ex Jugoslavia può essere un grande buco nero, l’est europeo postsovietico, nonostante due anni di guerra russo-ucraina, anche peggio. Dove è la Moldavia? Quale è la capitale? Dove il Kosovo? E la capitale del Montenegro? Ma questa non è la Polonia? Non ho capito, Slovacchia o Slovenia? Che cos’è, il Liechtenstein? Ce ne sono certo almeno due-tre a classe che, al contrario, sono preparati come per un quiz da Trivial su tutto, capitali del mondo, bandiere, persino sull’Africa interna o sul Sud-est asiatico. Ma la maggior parte degli altri confessano la nuda realtà scolastica: prof, geografia non l’abbiamo fatta.

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(Foto di Louis Hansel on Unsplash)

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