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Oggi si celebra la Giornata nazionale degli alberi. La ricorrenza è stata fissata per la prima volta da una legge nel 2013, ma in realtà ha una storia molto più lunga, che affonda le sue radici (mai metafora fu più adeguata) nella fine dell’800. A testimonianza dell’importanza che hanno gli alberi nell’economia del territorio, oggi saranno date alla terra migliaia di nuove piantine, secondo le iniziative organizzate dalle varie regioni. Per i più naif sarà l’occasione di abbracciare (collettivamente o su propria iniziativa) un albero, in modo da risvegliare il contatto tra uomo e natura e rimettere in moto vibrazioni di atavica comunanza degli esseri. Che ognuno viva questa giornata come vuole, non sta a noi giudicare.

Come al solito ci tocca però fare la parte degli antipatici, e notare l’incongruenza nel mondo politico tra la promozione di iniziative come questa, sicuramente meritorie, e la direzione presa in merito al consumo di suolo e cementificazione, anche in relazione alle alluvioni di questi giorni. «Gli alberi rappresentano, infatti, da sempre un valore inestimabile per l’umanità, sono custodi della nostra memoria e fonte di risorse preziose – si legge sul sito del Ministero dell’ambiente –. Essi sono elementi fondamentali dell’ecosistema e, in modo particolare nelle città, contribuiscono significativamente a contrastare l’inquinamento ambientale e a migliorare la qualità della nostra vita». Nonostante questo, secondo i dati dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), «Solo tra il 2009 e il 2012 abbiamo perso 720 km quadrati di suolo, come se prendessimo le città di Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo e le mettessimo una di fianco all’altra. Il consumo di territorio cresce di giorno in giorno di 8 mq al secondo».

Questo il recente passato. Ma il presente non è più roseo (né più green), visto che il decreto Sblocca Italia andrà ad acuire il problema, «laddove il 47 per cento della superficie impermeabilizzata in Italia è occupata da infrastrutture lineari, ossia strade, autostrade e ferrovie, sempre secondo i dati Ispra. Insomma si continuerà a costruire male, con una pianificazione del territorio che ignora il rischio idrogeologico, causa un’alterazione del paesaggio e riduce il terreno coltivabile, dunque le fonti di sostentamento della popolazione». Avanti di questo passo sarà sempre più difficile “abbracciare un albero”, visto che continuano a sparire. A farne le spese sono le persone che, magari ignare della storia idrogeologica di un territorio, vanno a viverci, per poi trovarsi ricoperti di fango e detriti alle prime piogge forti. Si mettono pezze qua e là con interventi puntuali, ignorando il fatto che il problema non sta tanto negli argini dei fiumi, ma nell’uso sconsiderato che si è fatto (e si farà) del territorio: «La ricostruzione dell’argine del fiume Carrione ad Avenza era prevista negli interventi post-emergenza in seguito all’alluvione del 2003. Legambiente era stata l’unica a denunciare l’inutilità di quell’opera, soprattutto senza mettere in campo allo stesso tempo politiche che ridavano spazio al fiume attraverso delocalizzazioni o il ripristino delle aree di esondazione. Purtroppo, dispiace ammetterlo, avevamo ragione. L’opera, da sola, è stata inutile e Carrara è stata sommersa dall’acqua».

Chissà quanti alberi porterà via la costruzione della Orte-Mestre: «Il 10 novembre 2014 il Presidente del Consiglio ha presieduto la riunione del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) – scrive Giulia Barbieri su Vita –che ha approvato il progetto preliminare dell’autostrada Orte-Mestre: 396 km di autostrada, 139 km di ponti e viadotti, 64 km di gallerie, 20 cavalcavia, 226 sottovia, 83 svincoli che attraversano aree di pregio storico e ambientale riconosciute dall’Europa. Un’autostrada che attraverserà territori straordinari dal punto di vista paesaggistico; risalendo il Tevere fino alle sorgenti, attraversando Umbria e Toscana, il Parco nazionale del Casentino, scendendo verso la Romagna fino ad arrivare a Venezia, attraversando le valli di Comacchio e del Mezzano e infine giungendo al Parco del Delta del Po e alla Riviera del Brenta». Celebriamo gli alberi, abbracciamoli, piantiamoli. Ma soprattutto, guardiamoli bene, perché potremmo vederne sempre meno.