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Arrivano le Giornate Fai (Fondo ambiente italiano) di primavera: sabato 21 e domenica 22 marzo saranno aperti al pubblico oltre 780 luoghi normalmente inaccessibili sparsi in 340 località. Non solo saranno aperti, ma i visitatori vi saranno condotti grazie a visite guidate alla scoperta di chiese, ville, borghi, palazzi, aree archeologiche, castelli, giardini e archivi musicali. Sul sito della fondazione è possibile esplorare la mappa interattiva dei luoghi da visitare, oppure consultare l’elenco degli eventi previsti nelle diverse località. Si tratta di una grande iniziativa per la scoperta del territorio italiano e delle sue bellezze più nascoste, giunta ormai alla 23esima edizione, che finora ha coinvolto 7 milioni 800mila italiani.

Favorire il turismo interno è un compito molto importante per il rilancio del comparto, sia per una questione culturale legata alla conoscenza del patrimonio nazionale, sia sotto l’aspetto economico. Quest’anno, le giornate del Fai coincidono con la chiusura della campagna “Ricordiamoci di salvare l’Italia”, raccolta fondi aperta il 16 marzo che terminerà il 22 marzo (i dettagli su come effettuare le donazioni, che avvengono tramite un addebito di due euro attraverso l’invio di un sms, si trovano qui). La gestione e la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico italiano è questione molto delicata e vede da tempo una discussione incentrata sulla contrapposizione tra pubblico e privato, in cui però si dimentica spesso le potenzialità dell’apporto del mondo del non profit in questo discorso: «La vecchia polemica privato-pubblico – ha commentato Andrea Carandini, presidente del Fai – non ha senso perché nessuno vuole sostituire lo Stato ma lo Stato ha bisogno del sussidio dei privati, soprattutto non profit con puri interessi pubblici come il Fai , perché altrimenti non riesce ad affrontare un patrimonio così vasto. Di qui l’importanza del Fai che deve poter raccogliere fondi per proteggere più beni».

La gestione del turismo in Italia ha subito varie vicissitudini nel corso della storia. Intanto, dal 1993 non abbiamo più un ministero specifico per la sua gestione. Questo per volontà popolare, espressa attraverso un referendum, in cui l’82,3 per cento dei votanti si dichiarò a favore dell’abolizione del dicastero. Inoltre, nella riforma del titolo V della Costituzione, approvata nel 2001, il turismo è diventato una materia di competenza esclusiva delle regioni, il che ha dato vita a una gestione che Stefano Landi, su Lavoce.info, non esita a definire caotica: «Senza una guida statale, e senza riuscire a darsene una propria condivisa, alcune regioni si sono dotate di efficienti sistemi di gestione, di marketing e tecnologici, innovati e affinati di continuo, e con successi tangibili. Altre non sono neppure riuscite a riformare e ad adeguare le strutture precedenti la legge quadro del 1983, e i risultati di mercato sono stati purtroppo conseguenti. La prospettiva attuale ricorda la scena finale del film Prova d’orchestra di Federico Fellini, quando una immensa palla nera demolisce la sala in cui gli orchestrali si autogestiscono generando uno sterile bailamme».

In questi giorni, sembra che ci sia l’intenzione di accentrare nuovamente le politiche legate al turismo. Una legge di riforma è stata già votata in prima lettura dai due rami del Parlamento, e con essa lo Stato si riappropria della legislazione esclusiva sul turismo, nonché su «infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione (…) porti e aeroporti civili, di interesse nazionale ed internazionale». Che sia una contro-riforma auspicabile e credibile è tutto da vedere. Tutto dipenderà dalle politiche che poi lo Stato intenderà adottare in tema di promozione di tutto ciò che rappresentano la cultura e l’ambiente italiani. Si dovrà capire anche chi si occuperà di tutta la materia. Sarà ricostituito un ministero ad hoc o si troverà un referente in grado di indirizzare le politiche sul turismo interfacciandosi con le realtà locali? Attendiamo i prossimi sviluppi, e intanto godiamoci le giornate Fai.