L’ultimo rapporto della Direzione investigativa antimafia (DIA) contiene un capitolo dedicato al gioco d’azzardo. Questo perché ormai, come riporta Redattore Sociale, attorno al «settore dei giochi e delle scommesse sono andati a polarizzarsi gli interessi di tutte le organizzazioni mafiose, dalla camorra alla ‘ndrangheta, dalla criminalità pugliese a cosa nostra, in alcuni casi addirittura consorziandosi tra di loro». Sembra esserci dunque una divisione dei ruoli e dei compiti tra organizzazioni criminali, in modo che ci guadagnino tutti, senza necessità di farsi la guerra. Come sintetizza Marco Dotti su Vita, citando dallo stesso rapporto, la camorra «sembra aver espresso una maggiore specializzazione nel settore dei giochi e delle scommesse, attraverso una gestione “diretta” delle attività», mentre la ‘ndrangheta e Cosa nostra «tenderebbero, invece, ad operare attraverso più sofisticate schermature societarie e prestanome difficilmente rintracciabili. […] A fattor comune per tutte le matrici criminali, l’infiltrazione nel settore dei giochi e delle scommesse è risultata funzionale sia alla produzione di nuovi capitali, sia al riciclaggio di quelli derivanti da altre attività illecite». Quello del gioco d’azzardo è un tema sempre controverso, perché nelle sue manifestazioni legali rappresenta un’importante fonte di introiti per lo Stato. Al contempo però implica numerosi rischi, sia perché può creare dipendenza e quindi danni economici e sociali ai giocatori e alle loro famiglie, sia perché le mafie sono in grado di insinuarsi in entrambi questi ambiti, dal lecito all’illecito. Ma se nel secondo è facile immaginare quale possa essere il ruolo della criminalità, essendo di per sè un’attività illegale, è più interessante vedere in che modo viene controllato e influenzato quello legale: la criminalità «taglieggia i gestori delle sale legali, impone loro slot machine o Vlt (videolottery, ndr) e altri servizi, o gestisce direttamente con prestanomi le sale stesse. Non solo, spesso manomette le slot machine e le Vlt legali, in modo tale che risultino meno giocate (e quindi meno contributi all’erario). “C’è poi un ulteriore aspetto dai drammatici risvolti sociali – scrive la Dia –: le mafie approfittano dei giocatori affetti da ludopatia, concedendo loro prestiti a tassi usurari. Si genera così un circolo vizioso, in cui alla dipendenza dal gioco si somma la ‘dipendenza’ economica dai clan”».
Crisi e gioco d’azzardo
Nei momenti di crisi, l’azzardo segna sempre un aumento delle giocate: «I momenti di crisi, segnati da disoccupazione crescente e contrazione di redditi e consumi, sono un momento propizio per il business dell’azzardo perché il gambling opera come un potente, ancorché illusorio, riequilibratore secondo delle dinamiche che già Matilde Serao aveva individuato nelle sue inchieste sull’incremento delle giocate dopo l’epidemia di colera che colpì Napoli nel 1884. L’azzardo di massa diventa allora, come scrisse Serao, “l’idea fissa dei cervelli infuocati, la grande visione felice che appaga la gente oppressa, la vasta allucinazione che si prende le anime”». Con la capillarità dell’offerta e la continua disponibilità delle risorse online, il gioco diventa una risorsa facilmente accessibile a chiunque. Allo stesso modo, si tratta di un’attività che comporta rischi limitati per la criminalità, a fronte di un ritorno rispetto all’investimento paragonabile a quello delle droghe, secondo la DIA. «Il gioco illegale, pur essendo ancora presente nel territorio, ha trovato un nuovo sbocco nell’on line. “Spesso, per rendere più difficoltosa l’individuazione dei flussi di giocate, i server vengono collocati in Paesi off-shore o a fiscalità privilegiata e non collaborativi ai fini di polizia – sottolinea la Dia –. Si tratta di un circuito totalmente ‘invisibile’, in cui i brand raccolgono puntate su giochi e scommesse, restando ignoti al Fisco”. E non è detto che il giocatore arrivi direttamente ai siti di gioco illegale. La criminalità utilizza sul territorio punti di raccolta, più o meno legali, così da mantenere anche il controllo del territorio. “Ovviamente, i siti on line illegali hanno maggior successo presso il pubblico rispetto a quelli legali perché, non soggiacendo ad imposizione fiscale, possono offrire quotazioni maggiori e vincite più alte. Era quindi scontato – considerati i volumi, sempre crescenti, della domanda – che, accanto all’offerta del gioco regolare controllato dallo Stato, le consorterie puntassero a sviluppare una “filiera parallela”, utile sia ad ottenere un nuovo canale da cui ottenere alti profitti, sia per riciclare i capitali illegali”».
(Foto di Erik Mclean su Unsplash)