A inizio febbraio sono stati presentati i risultati di un importante studio sullo stato d’animo e di salute dei giovani in età scolare. La rilevazione comprende una sezione dedicata alla pandemia e ai suoi effetti. Che ci sono stati, ma si presentano in maniera molto più sfumata di quanto alcune visioni “apocalittiche” facessero presagire durante le fasi più acute della pandemia.
«Nel complesso – si legge nel comunicato stampa che ha accompagnato la pubblicazione –, gli adolescenti italiani si sentono supportati da amici e compagni di classe, si fidano degli insegnanti ma sono spesso stressati dagli impegni scolastici. Un adolescente su due ha dichiarato un impatto positivo della pandemia sui propri rapporti familiari e due su cinque sul rendimento scolastico. Pur dichiarando, sempre due adolescenti su cinque, che la propria salute mentale e la propria vita in generale ne abbiano risentito negativamente».
Lo studio è stato realizzato dal Sistema di Sorveglianza HBSC Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare), ed è coordinato dall’Istituto superiore di sanità insieme ad alcune università, ministeri ed enti locali. La ricerca ha permesso di confrontare i dati dell’ultimo quadriennio con quelli relativi al 2017/2018 di un campione analogo di adolescenti, consentendo così di fare alcuni confronti tra la situazione pre e post-pandemia.
Il questionario di autovalutazione ha indagato l’impatto che le misure di distanziamento quali lockdown, apprendimento a distanza, chiusure scolastiche e di centri sportivi, hanno avuto sulla vita dei giovani. Come si diceva, i dati mostrano in diversi casi un effetto positivo sui rapporti dei ragazzi e delle ragazze con le loro famiglie e sul rendimento scolastico, ma un impatto negativo sulla vita nel suo insieme e sulla salute mentale (gestione delle emozioni, stress). «Il 54% degli adolescenti dichiara un impatto positivo della pandemia sui rapporti famigliari – si legge ancora – e il 42% sul rendimento scolastico, mentre il 41% ritiene che la propria salute mentale ne abbia risentito negativamente, così come il 37% la propria vita in generale. In particolare, l’effetto positivo sulle relazioni familiari decresce con l’età, dal 67% degli undicenni al 45% dei diciassettenni, e tra gli undici e i quindici anni è prevalentemente maschile, mentre nei più grandi non si osservano differenze di genere. Anche sull’impatto positivo del rendimento scolastico si registra lo stesso andamento per età, dal 50% dei più giovani al 37% dei diciassettenni, senza sostanziali differenze tra maschi e femmine. L’effetto negativo è invece un fenomeno soprattutto femminile e crescente con l’età. Riguardo la domanda sulla propria salute mentale, il 52% delle ragazze dichiara un impatto negativo a fronte del 31% dei ragazzi, e si osserva tale risposta nel 29% degli undicenni (33% delle femmine e 25% dei maschi) e nel 53% dei diciassettenni (66% e 41%, rispettivamente)».
Lo studio ha riguardato anche un’altra serie di fattori che complessivamente descrivono una situazione complessa. La percentuale di ragazzi e ragazze che si reputano in buona salute è infatti in calo rispetto al biennio 2017/18, ed è evidente come a vivere una condizione complessivamente peggiore siano le femmine, fin dai primi anni di scuola.
«In entrambi i generi – si legge ancora –, la percezione di ‘buona’ salute diminuisce all’aumentare dell’età, risultando più bassa tra le ragazze rispetto ai coetanei maschi sin dagli 11 anni: 91% vs. 93% in femmine e maschi undicenni, rispettivamente, fino a 75% vs 89% nei quindicenni. Analogamente, meno della metà delle ragazze di 13 e 15 anni pensa di avere un buon benessere psicologico (43% e 32%, rispettivamente), a fronte del 73% e 64% dei coetanei maschi. Il 49% dei ragazzi e il 74% delle ragazze riferisce di presentare almeno due dei seguenti sintomi – mal di testa, di stomaco, di schiena, sentirsi giù di morale, irritabilità, nervosismo, giramenti di testa e difficoltà nell’addormentamento – più di una volta a settimana negli ultimi sei mesi, dato in crescita rispetto ai dati 2017/2018. Le ragazze riferiscono più sintomi rispetto ai coetanei con un andamento crescente per età».
(Foto di Viktoria Danielová su Pexels)
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