Per molte persone che stavano affrontando un percorso psicoterapeutico, l’emergenza sanitaria ha comportato grandi difficoltà. In alcuni casi è stato possibile spostare momentaneamente online gli incontri, con l’idea di riprendere in presenza quando le condizioni lo consentiranno. Ma per molti la pandemia ha significato una diminuzione delle sessioni, o addirittura una loro interruzione. Lo rivela un’indagine dello European Data Journalism Network coordinata dalla fondazione spagnola Civio, che ha analizzato lo stato del sistema della salute mentale in Europa. «Durante la prima ondata dei contagi – si legge nell’articolo –, uno o più servizi dedicati a pazienti con problemi mentali, neurologici o di abuso di sostanze stupefacenti sono rimasti paralizzati nel 93 per cento dei Paesi monitorati dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Quasi il 40 per cento dei Paesi europei partecipanti allo studio ha riferito situazioni addirittura peggiori, tanto che tre servizi di igiene mentale su quattro sono stati sospesi. “Più è stato rigido il confinamento, più è stato grave il suo impatto”, spiega Marcin Rodzinka, portavoce di Mental Health Europe, una rete di utenti e professionisti dei servizi sanitari mentali. Qualcosa del genere è accaduto in Spagna, per esempio, dove sono stati chiusi i centri ambulatoriali per i pazienti con malattie mentali». La ricerca, pur avendo uno sguardo ampio sull’Europa, presenta diversi contributi di professionisti e pazienti italiani, che la rende particolarmente interessante vista da qui: «Coloro che soffrono di patologie psichiche gravi in genere sono più isolati e vulnerabili e, di conseguenza, nel loro caso il confinamento e l’isolamento sociale possono avere un impatto particolarmente negativo, come conferma lo psichiatra Armando D’Agostino degli ospedali ASST Santi Paolo e Carlo di Milano». Riportiamo di seguito una parte dell’articolo, che potete consultare integralmente qui.

Psicoterapia e distanziamento fisico

La pandemia da COVID-19 ha rivoluzionato l’assistenza sanitaria, compresa quella per la salute mentale, e continua a causare problemi. “Il numero di appuntamenti è stato considerevolmente ridotto già da giugno”, dice Felice Iasevoli, psichiatra dell’ospedale dell’Università Federico II di Napoli. Oltre ai tagli ai servizi di igiene mentale disponibili, è calata in modo drastico anche la richiesta di assistenza da parte delle persone con problemi psichici.

“Il calo delle richieste di assistenza è imputabile al lockdown e alla paura: le persone non volevano venire in ospedale, o comunque non potevano a causa delle restrizioni imposte agli spostamenti o per il confinamento obbligatorio”, dice la psichiatra croata Martina Rojnic, portavoce della European Psychiatric Association.

“È necessario che l’assistenza sia continua: se la cura si interrompe, il rischio di ricaduta è elevato”, dice però Rojnic. In alcuni casi le terapie sono così continuate al telefono, in altri con videochiamata. Secondo i dati dell’Associazione europea di psichiatria, oltre il 75 per cento dell’assistenza psichiatrica durante la prima ondata di COVID-19 in Europa è stata fatta online, nonostante grandi differenze tra un Paese e l’altro. “In alcuni paesi le sessioni online non sono decollate e l’assistenza è stata semplicemente sospesa”, racconta Rojnic.

Paesi come Grecia e Spagna avevano lanciato programmi pilota per l’assistenza psichiatrica da remoto, mentre in Croazia, Italia e Lituania all’epoca esistevano solo iniziative sporadiche o informali. “Prima della pandemia, le sedute digitali non sono mai state davvero al centro delle politiche per l’assistenza sanitaria”, dice D’Agostino. Se prima la telepsichiatria era solo una delle opzioni disponibili, il lockdown ha trasformato le sedute online nell’unica possibilità a disposizione per alcune persone.

Senza negare i benefici che una terapia online può portare, gli esperti auspicano “sostegno continuo” per le persone affette da patologie importanti. Il problema, va detto, esisteva già prima del COVID-19, dato che la carenza di risorse limitava l’accesso all’assistenza mentale. Secondo i dati Eurostat del 2018, i Paesi europei con il maggior numero di psichiatri per 100mila abitanti erano Germania (27,45 per 100mila abitanti), Grecia (25,79) e Paesi Bassi (24,15); Polonia (9,23), Bulgaria (10,31) e Spagna (10,93) al contrario hanno il minor numero di psichiatri in rapporto alla popolazione.

Già prima della pandemia, le risorse per l’assistenza mentale erano dunque scarse. Oggi l’accesso alle cure è ancora più difficile. L’assistenza sanitaria da remoto si è affermata come un’opzione praticabile negli scorsi mesi, ma le opinioni dei pazienti in merito sono varie. Per alcune persone, le sedute in presenza sono molto importanti per il contatto visivo e il rapporto di fiducia che si instaura tra il terapeuta e il paziente.

(Foto di Carmen Torrecillas)

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