Negli ultimi anni, la quantità di immagini violente a cui siamo esposti è aumentata esponenzialmente. I conflitti aperti sul territorio ucraino e su quello israelo-palestinese ci impongono di portare l’attenzione su una serie di eventi che mettono in crisi il nostro dovere di tenerci informati sulle cose del mondo, da una parte, e il diritto di preservare la nostra salute mentale, dall’altra.

Recentemente sono state condotte ricerche sulle conseguenze psicologiche di fenomeni noti come “sovraccarico di informazioni sulle notizie” e “testimonianza generalizzata di eventi traumatici”. Come spiega un articolo pubblicato su The Conversation: «Anche attraverso lo schermo di un telefono, l’esperienza di assistere a una situazione estremamente violenta attiva il ramo simpatico del nostro sistema nervoso, che governa la nostra risposta di “lotta o fuga”. Il nostro corpo reagisce a queste immagini secernendo ormoni nel sangue, tra cui adrenalina, noradrenalina e cortisolo, comunemente noto come ormone dello stress. Questi ormoni attraversano rapidamente la barriera emato-encefalica e penetrano nel nostro sistema nervoso centrale».

Con queste sostanze chimiche nelle vene, spiega l’articolo, il nostro corpo subisce dei cambiamenti: la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna aumentano per aiutarci a combattere o fuggire dalla minaccia ed evitare lesioni o morte. Si tratta di cambiamenti adattivi e a breve termine: se diventano cronici, possono causare gravi problemi di salute.

Da alcuni anni sappiamo che, sia nell’uomo che negli animali, lo stress continuo produce cambiamenti sistemici nel nostro cervello. In situazioni di forte stress, prosegue l’articolo, il ruolo dell’ippocampo nella gestione della memoria viene inibito e la corteccia prefrontale cessa di esercitare il suo controllo.

Questi meccanismi nascono da processi evolutivi della nostra specie, e hanno lo scopo di aiutarci a far fronte a specifiche situazioni di stress brevi e improvvise. Quando ci troviamo di fronte a una minaccia, la priorità è reagire rapidamente, senza perdere tempo in analisi di contesto. Ma se la condizione di stress si protrae nel tempo, può avere gravi conseguenze sulla nostra capacità cognitiva a medio e lungo termine.

Lo stress cronico, infatti, crea problemi a livello di apprendimento e di memoria, incidendo su tre aree: precisione, flessibilità e “riconsolidamento”.

Precisione

Le informazioni che elaboriamo in situazioni di stress, spiega l’articolo, sono più astratte e poco contestualizzate. L’attenzione si restringe per concentrarsi solo sui dettagli essenziali dell’evento stressante.

Flessibilità

Lo stress annulla quasi del tutto la nostra capacità di integrare nuove informazioni nei nostri schemi mentali preesistenti. Esso limita anche la nostra capacità di usare questi schemi per elaborare in modo appropriato stimoli nuovi. Questo rende difficile mettere a frutto le informazioni acquisite in episodi di stress precedenti. In altre parole, l’emergenza e lo stress ci impediscono di fare pieno uso dell’esperienza acquisita.

Riconsolidamento

I nostri ricordi non sono fissi, spiega The Conversation, ma ci aiutano ad adattarci a nuove situazioni e a conoscerle. Il processo di aggiornamento e ripristino dei nostri ricordi è noto come “riconsolidamento”. Lo stress rende più difficile questo processo e a sua volta inibisce la ricostruzione dei ricordi che possono aiutarci a incorporare nuove informazioni.

Questo è ciò che accade a livello individuale. Quando questi cambiamenti sistemici dei processi psicologici si verificano in un’ampia parte della società, possono arrivare a influire sulla capacità di prendere decisioni politiche e sociali razionali, sia tra la popolazione che tra i leader politici.

(Foto di Levi Meir Clancy su Unsplash)

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