Aumento delle temperature e prolungata siccità sono tra le conseguenze più evidenti della crisi climatica che attraversa anche il nostro continente. Claudia Bellante, sul Tascabile, prova a tracciare possibili scenari sul futuro incerto dell’Europa meridionale.

L’estate scorsa, “l’estate più calda mai registrata in Europa” – come ormai ripetiamo in un mantra orrorifico –, ho passato le ultime due settimane di agosto in Lituania. Mentre preparavo la partenza, mi sono imbattuta in un blog che sconsigliava in maniera categorica di viaggiare in quel periodo in quanto “estremamente piovoso”. Poi ho notato l’anno in cui il post era stato scritto: 2017. Le possibilità che le previsioni dell’autore non trovassero più riscontro nella realtà erano alte. Solo per scaramanzia ho comunque comprato un impermeabile economico e l’ho arrotolato in valigia.

Quando sono arrivata a Vilnius, chiacchierando del tempo caldo e assolato con una coppia di giovani locali, sono subito emerse due questioni relative al clima che sta cambiando in quelle zone: 1) le case sono tradizionalmente prive di condizionatori e chi non ce l’ha ora soffre l’estate in città e 2) a parte l’aumento delle temperature ferragostane, per il resto i danni provocati dal maltempo negli ultimi anni sono sempre maggiori e le assicurazioni devono far fronte alle crescenti domande di risarcimento (la mia interlocutrice lavorava proprio in una compagnia assicurativa). Dopo Vilnius, mi sono spostata a Nida, un paesino dall’atmosfera fatata, tendente al gotico, che sorge sulla penisola di Neringa, a pochi chilometri dal confine con l’exclave russa Kaliningrad. Clima assolutamente gradevole, ben lontano da poter essere definito “insopportabile” secondo i nostri standard. Lì, la felicità per la bella stagione prolungata che la ragazza che gestiva l’ostello mi manifestava era però offuscata dalle centinaia di piccole meduse trasparenti che arrivavano a riva morte, trasportate dalle correnti sempre più calde del Baltico.

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(Foto di marco forno su Unsplash)

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