Facciamo un esercizio di fact checking (letteralmente “controllo dei fatti”) su una notizia pubblicata da ZeroNegativo alcuni mesi fa, a proposito degli immobili di lusso acquistati all’estero da parte di investitori italiani. È una pratica che in realtà facciamo spesso, e finora gli avvenimenti non hanno smentito -purtroppo- le nostre previsioni. Stavolta ci rifacciamo a un articolo che pubblicavamo lo scorso 31 luglio, in cui prevedevamo, sulla base di uno studio effettuato da “Scenari immobiliari”, che sarebbe aumentato entro la fine dell’anno l’acquisto di case di fascia alta all’estero. Una faccenda non slegata dall’accordo Italia-Svizzera sulla tassazione dei capitali depositati in banche elvetiche, argomento di discussione ormai da molti mesi, anche se finora non si è giunti al dunque e anzi pare che in questi giorni le possibilità di chiudere la partita si stiano facendo sempre più ridotte.
L’offerta di case dalle nostre parti non scarseggia, anzi è in aumento: «Il portale luxuryestate.com -scrive il Corriere– ha anche analizzato il lato dell’offerta, riscontrando come nelle economie solide il numero di ville, castelli e dimore di lusso in vendita sia rimasto sostanzialmente stabile se non, persino, diminuito rispetto all’offerta mondiale di immobili di alta gamma. Al contrario delle economie più in difficoltà, come l’Italia, in cui invece si è assistito all’incremento di immobili di questa particolare nicchia. Così il nostro Paese balza al primo posto dell’offerta europea, con il 14 per cento della quota di mercato, davanti al Regno Unito». Insomma, se l’intento fosse di “investire nel mattone” come bene sicuro e in grado di rivalutarsi negli anni il posto in cui farlo sarebbe l’Italia, visto che i prezzi sono precipitati bruscamente a partire dal 2007-2008 e il mercato langue in attesa di nuovi investimenti. Invece si va all’estero, dove la tassazione è più leggera. Non sarà come metterli in una banca di qualche “paradiso fiscale”, ma almeno è un modo per mettersi al riparo dall’inferno del fisco italiano.
Quattro mesi fa avevamo tutti gli elementi per prevedere questo fenomeno (che già allora era in corso) e chiedevamo che si mettessero in campo gli strumenti di controllo previsti per lo spostamento di questi grandi capitali. Ora forse è troppo tardi, e non bisogna dimenticare che dietro a questa movimentazione così cospicua c’è certamente un mercato parallelo di capitali che non vengono mai alla luce per il nostro fisco, e che quindi escono dal Paese e si trasformano in case prima che possano essere contabilizzati dal sistema bancario nazionale. Allora chiedevamo controlli più approfonditi sulla scorta di una previsione, ora lo facciamo basandoci su dati che confermano la realtà del fenomeno. Bisogna fare presto, e non ci sono crisi di governo o campagna elettorale che possano convincerci che le priorità in questo momento siano altre. Bisogna tenere la guardia alta, perché se in un anno si è riusciti a scalfire almeno in parte la sensazione di impunità di certi ambienti verso il rispetto delle leggi, basta invece un secondo a restaurarne la convinzione.