«Sono gay, non sto bene in questa società. L’Italia è un Paese libero ma esiste l’omofobia e chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza». Queste le parole lasciate, secondo gli inquirenti, da Simone, 21 anni, che si è suicidato a Roma il 27 ottobre. È il terzo caso in un anno di suicidi legati alla non accettazione dell’identità sessuale messi in atto da adolescenti. Parole da rispettare e ascoltare, se non altro. Non ci compete entrare nel merito della vicenda di cronaca, scavare nella vita del giovane, risalire a episodi o contesti particolari che possono aver dato origine al gesto. Ci preme però sottolinearne l’importanza e la gravità a livello generale, come segnale di un’evoluzione nella società che non sta avvenendo. Non che non si stia muovendo nulla in assoluto, ma la strada è ancora lunga da tanti punti di vista. Quando capitano episodi del genere non mancano mai, purtroppo, le voci che esprimono scetticismo, che affermano che il problema non sussiste, che un suicidio non può mai essere dato da una generica non accettazione dell’omosessualità, ma si devono cercare altre cause quali il “senso di inadeguatezza” e simili. Opinioni, sfumature, a nostro parere piuttosto vacue. Questi commenti tracciano piuttosto una completa mancanza di empatia verso Simone e verso tutti i ragazzi che come lui decidono di suicidarsi (dati Oms: un suicidio su tre nel mondo è legato alla discriminazione del diverso), o pensano di farlo.
Le opinioni meglio lasciarle sullo sfondo e concentrarsi invece sui dati. Ne ha parlato in questi termini lo psicologo Nicola Nardelli alla trasmissione Tutta la città ne parla, andata in onda su Radio3 il 28 ottobre: «I dati scientifici emersi da diverse ricerche ci dicono che la possibilità di suicidio tra giovani omosessuali è tre volte più alta che tra gli eterosessuali. Inoltre il rischio di commettere suicidio è 8-9 volte più alto nei giovani che subiscono il rifiuto familiare della propria identità sessuale. È un problema che va affrontato su più livelli: mediatico, legislativo (è incredibile che l’Italia non abbia ancora una legge che tutela questo tipo di discriminazioni, oltre a tutti i diritti civili che sono negati agli omosessuali) e poi anche sul piano dell’interiorizzazione, ossia del rifiuto verso se stessi che sperimentano molti ragazzi lgb (lesbiche, gay, bisessuali)».
Sul piano legislativo, è intervenuta in trasmissione Maria Cecilia Guerra, viceministro del Lavoro e delle politiche sociali con delega alle Pari opportunità, dipingendo un quadro non esaltante secondo cui la legge ora incardinata nei lavori del Senato è stata in realtà snaturata durante la prima votazione alla Camera per venire incontro alle richieste di alcune forze politiche. Come al solito, la politica italiana degli ultimi anni ci abitua a un contesto in cui per mettere d’accordo tutti si licenziano norme poco o per nulla incisive. Più interessante ciò che si sta facendo in ambito mediatico, presentato dalla giornalista del Corriere della sera Elena Tebano, che si è occupata del lancio del portale Le cose cambiano, in cui si dialoga con i giovani sfruttando un linguaggio che conoscono bene, quello della ripresa video frontale, il monologo breve ripreso con la webcam. Uno strumento di condivisione, di sfogo, il modo migliore per “metterci la faccia” e, forse, far riflettere chi non si è mai posto il problema, o non si è mai spinto al di là del pregiudizio. È solo uno dei tanti progetti che si stanno mettendo in atto per sensibilizzare le persone. Segno che in molte nicchie della società il problema dell’omofobia è affrontato, ma restano enormi sacche che rendono la vita impossibile a molti ragazzi.
Intanto, la politica fa segnare come sempre il proprio ritardo nel recepire attraverso una legge ciò che molti hanno già capito. Dedichiamo questo post, oltre che a Simone, a un’altra persona che ci ha lasciati il suo stesso giorno: Lou Reed. Egli non era gay, ma alcune sue manifestazioni adolescenziali fecero sospettare i genitori che lo fosse. Finì come si usava allora, con l’elettroshock. Nonostante questo trattamento, ha continuato a essere se stesso fino a 71 anni.