Il 31 marzo si compirà il primo anniversario dalla chiusura degli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari). Da quel giorno sono cambiate alcune cose, ma molte sono rimaste più o meno com’erano, tanto che il governo ha dovuto nominare un commissario speciale. Evidentemente, in questo come in altri campi, a livello di sistema l’Italia non è in grado di esprimere un vero cambiamento. Il meccanismo della nomina dei commissari può rivelarsi efficace, ma è sempre una sconfitta perché testimonia il fatto che un certo ambito della vita del Paese non è stato in grado di darsi delle regole e rispettarle. Così si cala dall’alto una persona incaricata dal governo di “mettere a posto le cose”, con poteri speciali e ampi margini di discrezionalità. Pensando all’attività parlamentare, si può fare un paragone tra l’approvazione delle leggi e la decretazione d’urgenza: siccome con la prima si perde troppo tempo e alla fine magari non si trova un accordo, molto spesso si preferisce agire con i decreti, che si approvano in poco tempo e hanno valore di legge da subito.
Tornando al caso in questione, la buona notizia è che la scelta del governo è andata su una persona molto apprezzata (e suggerita) da parte di chi si occupa di salute mentale: Franco Corleone, già garante dei detenuti e sottosegretario alla Giustizia. Sarà lui a traghettare l’Italia verso un sistema che si impegni ad attuare la visione con cui Franco Basaglia ci poneva all’avanguardia nel mondo rispetto al tema delle persone con problemi psichiatrici. L’anniversario che sta per arrivare è particolarmente delicato, perché alcune regioni non hanno provveduto nei termini previsti a dotarsi di strutture alternative e temporanee (o a riconvertire quelle esistenti) in cui ospitare i malati mentali con precedenti penali, avviando un processo di destinazione progressiva ad altri programmi di salute mentale. Il che è piuttosto grave, perché la scadenza di un anno fa era già frutto di numerose deroghe, dunque siamo in ritardo rispetto a un cumulo di ritardi: «Rispetto ai 689 internati da trasferire alla data del 31 marzo 2015 – scrive Vita –, il 15 dicembre 2015 erano 164 le persone ancora internate in Opg, mentre 455 sono i pazienti presenti nelle Rems, ovvero le strutture residenziali che dovrebbero accogliere gli ex internati. Altre 98 persone sono state dimesse dagli Opg e messe in libertà (dati della Relazione al Parlamento). Le Regioni inadempienti sono Calabria, Abruzzo, Piemonte, Toscana, Puglia e Veneto».
Il 21 ottobre 2015 è partita una lettera di diffida del governo indirizzata alle regioni inadempienti, con indicazione di una data alla quale sarebbero state tenute a provvedere al rispetto della legge. A inizio febbraio il governo ha specificato che dai territori non è arrivata alcuna garanzia sufficiente ad assicurare che questo avvenisse, così si è dato il via alla procedura di nomina del commissario culminata con l’incarico a Corleone. Mandato di quest’ultimo non sarà solo assicurare che i detenuti ancora rinchiusi in strutture ormai illegali siano trasferiti al più presto nelle Rems. Il suo compito sarà avviare un processo mirato al superamento di un sistema di “istituti”, per andare verso programmi di sviluppo individuale pensati per ogni malato.
Le presenze nelle Rems dovrebbero essere residuali, e dunque in progressivo calo, mentre invece si assiste a un aumento, come scritto in una lettera del comitato StopOpg al governo. «Il mandato che è stato affidato al Commissario è più ampio – scrive il comitato in un altro comunicato –, come chiedevamo: riguarda tutto il territorio nazionale, per la piena e corretta applicazione della legge 81/2014, che privilegia decisamente misure di sicurezza alternative alla detenzione con progetti di cura e riabilitazione individuale. E questo è possibile nella stragrande maggioranza dei casi, come indicano le Relazioni al Parlamento. Decisivo perché ciò si realizzi è il ruolo della magistratura e il rapporto di collaborazione con le Regioni e le Asl. Allora il ruolo delle Rems (Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza) – e quindi la detenzione – può e deve diventare residuale rispetto a cure che devono svolgersi nei servizi di salute mentale e socio sanitari del territorio. Servizi che vanno sostenuti e ai quali vanno subito assegnate le risorse finanziarie e umane necessarie. Ora possiamo fare un altro passo avanti lungo la strada della legge 180, che decretando la chiusura dei manicomi ha restituito speranza, diritti e dignità a migliaia di persone».
Sembra infatti che, a 38 anni dalla “legge Basaglia” (di cui il celebre psichiatra fu solo ispiratore e non firmatario), molti siano i casi in cui i suoi principi sono aggirati più che applicati. «In Toscana, come in altre Regioni italiane, si assiste ad un preoccupante ritorno alla progettazione di istituti contenitori per le persone con disabilità intellettiva», scrive il Forum salute mentale nel suo manifesto presentato il 27 febbraio. Un modello perfetto non esiste, ma la volontà di migliorare non deve fermarsi: «Ci interessa sperimentare quali spazi – scriveva Basaglia –, quali possibilità di utopia sono realizzabili nel concreto dove ognuno vive, a partire dalle particolari risorse e vincoli di questo contesto».