Una nuova generazione di scienziati e scienziate ha abbracciato l’attivismo per il clima e nuove visioni politiche. Con l’idea che limitarsi a dare l’allarme sui dati della crisi climatica non abbia funzionato. Ne ha scritto Radar Magazine.
«Serve un cambio di postura. Non ha più senso dialogare con gli stakeholder: i nostri interlocutori privilegiati sono i movimenti dal basso». Come a dire: le istituzioni e la politica sono state sollecitate finora, ma non è servito a molto: ora è il tempo di abbracciare una forma di attivismo più orizzontale che si nutra del movimentismo che ribolle già nella società civile. Niente di nuovo, si potrebbe dire. Se non fosse che la dichiarazione non arriva dall’ambiente dei movimenti o dell’attivismo climatico, ma da un esponente del mondo della scienza: un dottorando dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC) di Bologna, Matteo Cini.
Cini è solo una delle decine di persone che sono intervenute lo scorso 2 dicembre 2023 all’Assemblea di Officina della Ricerca per l’Ambiente (ORA!) nei locali del CNR di Bologna. ORA! è uno spazio di riflessione sull’ambiente e la crisi climatica nato in seguito alle alluvioni che hanno colpito la Romagna. Dopo quel maggio drammatico, un gruppo di ricercatori e ricercatrici ha sentito la necessità di mettersi in rete tra di loro per favorire una riflessione collettiva, il germogliare di idee e prese di posizioni concrete. La prima azione è stata lanciare un appello pubblico già sottoscritto da oltre 1100 persone che hanno deciso di rispondere alla richiesta di “chiamarsi dentro” in prima persona come ricercatrici e ricercatori.
Dare l’allarme non basta
Raggiungo al telefono Cini qualche giorno dopo l’assemblea e gli chiedo di spiegarmi meglio che cosa intendeva con la sua dichiarazione. Mi parla della rassegnazione che ha sentito circolare negli ambienti della ricerca attorno ai temi climatici, perché sono decenni ormai che la scienza lancia allarmi, ma la politica non ha dato risposte adeguate.
Cini crede che il ruolo di chi fa scienza «non può più essere quello di chi si limita a fare la Cassandra». Di più, «l’idea di stampo illuministico è insufficiente per scongiurare il problema», ovvero la crisi climatica. Non basta più che la scienza dia l’allarme e studi per trovare soluzioni: «deve contaminarsi con altre forme di sapere, deve tenere conto della questione di genere nell’affrontare i problemi, deve interrogarsi sull’integrità del mondo del lavoro anche all’interno dell’accademia». Il punto, per Cini, è che molti dei problemi che colpiscono oggi la nostra società hanno una matrice comune: l’insostenibilità del modello di sviluppo perseguito finora.
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(Foto di Nick Fewings su Unsplash)
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