Come hanno scritto diversi osservatori, le politiche dell’amministrazione Trump, comunque le si guardino, costituiscono una grande opportunità per l’Europa. Vale anche per la ricerca scientifica. I primi provvedimenti del governo che si è insediato a gennaio stanno stanno provocando grande agitazione nella comunità scientifica statunitense. Nonostante la situazione sia tutt’altro che promettente, bisogna però riconoscere che a beneficiarne potrebbe essere l’Europa, che potrebbe attrarre buona parte degli scienziati e ricercatori che stanno pensando di lasciare gli Stati Uniti per continuare a esercitare la propria professione.
E non sono pochi, secondo un sondaggio realizzato da Nature: addirittura tre su quattro tra i 1.608 scienziati statunitensi che hanno risposto al questionario. Questo potenziale esodo è dovuto alle preoccupazioni per la riduzione dei finanziamenti alla ricerca e per l’interruzione di interi comparti finanziati a livello federale nell’ambito di un’iniziativa di riduzione dei costi a livello governativo. A ciò si somma l’incertezza causata dai licenziamenti di massa e dalle successive riassunzioni di dipendenti federali, tra cui molti scienziati, a seguito di un’ordinanza del tribunale, con la minaccia di ulteriori perdite di posti di lavoro.
Il sondaggio evidenzia che l’Europa e il Canada sono tra le destinazioni maggiormente prese in considerazione per il trasferimento. Molti intervistati hanno dichiarato di volersi trasferire in Paesi in cui hanno già legami consolidati, come collaboratori, amici o familiari, o dove conoscono la lingua. Uno degli intervistati ha indicato in modo sintetico il suo criterio per una nuova sede: “Qualsiasi luogo che sostenga la scienza”. Tra coloro che si erano precedentemente trasferiti negli Stati Uniti per motivi di carriera, il clima attuale sta spingendo a prendere in considerazione l’idea di tornare nei loro Paesi d’origine.
Questa tendenza è particolarmente accentuata tra coloro che si trovano nelle prime fasi della carriera scientifica. Dei 690 neolaureati che hanno partecipato al sondaggio di Nature, ben 548 hanno preso in considerazione l’idea di partire e 255 dottorandi su 340 hanno espresso la stessa intenzione. Uno studente laureato presso un’importante università statunitense, che lavora nel campo della genomica vegetale e dell’agricoltura, ha espresso il suo profondo legame con il Paese d’origine, ma ha ricevuto il consiglio da parte dei suoi mentor di “andarsene subito”.
Nonostante molti stiano prendendo in considerazione la possibilità di andarsene, una minoranza degli intervistati ha dichiarato di non avere intenzione di trasferirsi. Una persona ha citato le strutture di ricerca superiori a disposizione negli Stati Uniti, mentre un’altra ha liquidato l’idea di partire come “ridicola”. Tuttavia, molte delle oltre 1.200 persone che stanno pensando di trasferirsi hanno manifestato preoccupazioni per il futuro. Un docente ha espresso il desiderio di rimanere per sostenere il proprio laboratorio e gli studenti, ma ha riconosciuto che i drastici tagli all’Istituto nazionale della salute (NIH) potrebbero non lasciargli altra scelta. Un altro intervistato, che ha fatto domanda solo per posizioni in Europa, ha citato il proprio status di transgender e le politiche dell’amministrazione che rendono “improbabile” condurre la vita che desidera negli Stati Uniti. Un ricercatore neolaureato nel settore biomedicale ha espresso il sentimento prevalente: “Non voglio andarmene, ma qual è l’alternativa?”.
(Foto di Sean Foster su Unsplash)
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