«Rafforzare la cooperazione internazionale e le partnership globali per una migrazione sicura, ordinata e legale». Ecco l’obiettivo principale di un nuovo patto che stanno per siglare i Paesi del Gruppo di Visegrád (Polonia, Ungheria, Cechia, Slovacchia) e l’Italia per il contrasto all’immigrazione illegale. Verosimile, no? Invece è una fake news che ci siamo appena inventati e che smentiamo subito.

Quelle parole sono effettivamente contenute in un documento appena firmato, il Global Compact for Migration. Un accordo sul quale si è lavorato per anni alle Nazioni Unite, e che gli Stati menzionati più su (ma sono in buona compagnia) hanno deciso di non firmare.

L’Italia, in realtà, ha assunto una posizione intermedia. Dopo avere partecipato ai negoziati che hanno portato alla stesura del testo, il governo ha deciso (cambiando idea rispetto a quanto detto inizialmente) di non partecipare alla conferenza di Marrakech del 10-11 dicembre, in cui i rappresentanti di 164 paesi hanno ratificato l’accordo. Riprendendo quanto fatto dalla Svizzera, sarà il Parlamento a decidere se l’Italia firmerà o meno il Global Compact. Questa decisione arriva a seguito di una campagna di discredito sull’accordo lanciata dalle forze più apertamente contrarie a ogni forma di immigrazione, economica e non.

C’è chi ha definito il documento “una fregatura”, perché certifica il fatto che migrare sia un diritto fondamentale dell’essere umano, obbligando gli Stati ad accogliere indiscriminatamente chiunque. Non è un fenomeno solo italiano, le fake news hanno colpito anche il Canada, per esempio, dove si è cercato di far credere che la firma dell’accordo avrebbe permesso all’Onu di imporre quote di immigrati nel Paese.

L’approccio del Global Compact è molto più avanzato di come lo si vuole fare apparire, e seppure gli obiettivi che si pone siano giusti e ambiziosi, esso soffre di una debolezza fondamentale: non istituisce alcun obbligo per gli Stati. Come spiegano Annalisa Camilli e Francesca Spinelli sul sito di Internazionale, citando direttamente il testo del documento, «Il Global compact è una “piattaforma non vincolante” che parte dal presupposto che “la migrazione fa parte dell’esperienza umana ed è sempre stato così nel corso della storia” e che il suo impatto può essere migliorato se si renderanno più efficaci “le politiche dell’immigrazione”».

Più avanti si cita anche una questione molto in voga in questo periodo, ossia il concetto di “sovranità” degli stati: «Le linee guida individuate nel documento sono: “La centralità delle persone, la cooperazione internazionale, il rispetto della sovranità di ogni stato, il rispetto delle norme internazionali, lo sviluppo sostenibile, il rispetto dei diritti umani, delle differenze di genere e dei diritti dei minori e infine un approccio multilaterale e partecipativo”». Come molti atti e protocolli d’intesa che vengono elaborati di continuo a livello internazionale, il Global Compact sancisce l’intenzione a istituire una maggiore disponibilità alla collaborazione tra diversi Stati, in questo caso nella gestione dei flussi migratori. Firmarlo o meno, a livello concreto, non cambia nulla.

Restarne fuori potrebbe però tradursi in futuro in una posizione di maggiore isolamento. Sarà più debole la voce di chi richiama gli altri Paesi alle proprie responsabilità in caso di emergenze umanitarie e flussi particolarmente intensi. Pur trattandosi di un atto simbolico, potrebbe aiutare a essere più uniti quando ci sarà la prossima sciagura da gestire.

Citiamo altri obiettivi contenuti nel Global Compact su cui difficilmente si può essere in disaccordo: «2. Ridurre le cause negative e i fattori strutturali che costringono le persone a lasciare il loro paese di origine. […] 4. Garantire che tutti i migranti abbiano una prova della loro identità e una documentazione idonea. […] 9. Rafforzare le risposte transnazionali al traffico di migranti. 10. Prevenire, combattere ed eliminare il traffico di esseri umani nel contesto della migrazione internazionale. 11. Gestire le frontiere in un modo integrato, sicuro e coordinato. 12. Rafforzare la certezza e la prevedibilità delle procedure legate alla migrazione per un esame, una valutazione e una presa in carico adeguate. […] 21. Cooperare per facilitare rimpatri e riammissioni sicuri e dignitosi e un reinserimento sostenibile».

Uno dei punti più sottolineati da chi è contrario al Global Compact è che non faccia distinzione tra “migranti economici” e “migranti umanitari”. Auguriamoci che l’Italia non debba mai affrontare una situazione economica talmente grave da indurre a una forte emigrazione. Se intorno a noi costruiamo muri, invece di ponti, non aspettiamoci un’accoglienza calorosa.

(Foto di sanjitbakshi su flickr)