di Marco Calini
Moderato (agg.)
: ossia tenuto entro i giusti limiti (per questa connotazione riferibile a un prezzo); oppure sinonimo di sobrio (nel bere magari); mentre, in musica, è tempo poco mosso tra l’andante e l’allegretto; se riferito alla politica è invece chi abbraccia posizioni conservatrici o prudentemente riformistiche, comunque aliene da ogni radicalismo. Questo il dizionario; la realtà, invece, che preme sui lemmi e li adatta a sé, ha forzato l’ultima accezione di moderato in “sola persona con tutti crismi per amministrare un ente pubblico”. Del resto cambiano i tempi e cambia, di concerto, il vocabolario dei politici, una volta tarato sulle necessità oltranziste di più destra o più sinistra, oggi ripiegato sulla prudenza della giusta misura.

Dal lessico alla prassi, applichiamo allora la moderazione a qualche problema sul tavolo: moderazione nella lotta all’evasione fiscale, moderazione nella gestione della politica dei rifiuti in Campania, moderazione anche negli interventi di salvaguardia del patrimonio archeologico di Pompei, ormai così tenero che si taglia con un grissino. Come se una macchina dovesse viaggiare con la seconda, massimo la terza marcia inserita anche se si percorre l’A26 Voltri-Gravellona Toce, se bisogna entrare in un parcheggio in retromarcia e se c’è coda al casello di Melegnano per l’esodo del primo weekend di agosto. Moderazione sempre e comunque parrebbe, perché è meglio un uovo oggi che una gallina domani. Ma se hai il cappone fumante sul tavolo, che fai; lo butti in pattumiera? Chi va piano va sano e va lontano direbbero i soloni del buon senso, ma come la mettiamo con l’imperativo categorico della crescita e quegli scalmanati competitor internazionali che non sentono ragioni? Moderare da modus, misura, e –est modus in rebus– una misura nelle cose c’è; sempre variabile, però, perché, tenendo gli occhi fissi alla realtà e non la testa fra le nuvole, tutto cambia. Meno il copione dei politicanti da “a me gli occhi”. È qui che la misura è colma.