«Nichi è una cosa che è priva… Non c’è un’idea, c’è un livello di avventurismo. Non essendoci un’idea, siamo agli slogan. Questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo perché vedo uno sfarinamento veramente impressionante, Nichi». Il virgolettato appartiene a Fabrizio Barca, uno dei maggiori dirigenti del partito che ha la responsabilità di formare un governo dopo aver sfiduciato l’esecutivo di Enrico Letta, altro esponente dello stesso partito, il Pd. Com’è noto la dichiarazione (che è solo una piccola parte dello sfogo di Barca) è stata estorta con l’inganno dalla redazione de La Zanzara, che ha inscenato una telefonata tra Barca e Nichi Vendola (la cui voce è in realtà dell’imitatore Andro Merkù), in cui quest’ultimo chiedeva al primo semplicemente: «Come stai?». Dal monologo che ne è scaturito si evince che le pressioni su Barca affinché accetti il dicastero dell’Economia devono essere reali, e che egli sia realmente preoccupato per le sorti del governo in via di formazione e per quelle del Paese.
Prima di fare qualsiasi ragionamento, va detto che giornalisticamente non è accettabile il metodo adottato dalla trasmissione di Radio24 per estorcere le dichiarazioni, giacché per prima cosa un giornalista dovrebbe identificarsi in quanto tale al cospetto del proprio intervistato. Inoltre, per quanto Barca prenda spunto dalla domanda del finto Vendola per avviare un lungo monologo, egli era convinto che si trattasse di una conversazione privata, e non è quindi corretto pubblicarne le trascrizioni. Per inciso, in Inghilterra il giornale News of the world, del gruppo Murdoch, ha chiuso nel 2011 per uno scandalo nato da intercettazioni abusive e dichiarazioni estorte con l’inganno. In Italia va tutto bene. Precisato questo, ormai le parole sono state dette, mandate in onda e trascritte sui giornali di tutta Italia e non solo, inutile fare finta di niente.
La frase che abbiamo pubblicato in apertura è decisamente allarmante. Un esponente di spicco del Pd si dichiara preoccupato per la mancanza di idee e progettualità del nascente governo che sarà guidato dal segretario dello stesso partito. La conclusione non può che aggravare la perplessita, non solo di Barca ma di tutti i cittadini: «Il problema è un altro. Ma tra trenta giorni, quando si capisce che non c’è niente, il Paese dà di testa». Abbiamo scritto cittadini, evitando accuratamente la parola elettori, perché ormai in Italia il voto della gente conta poco, mentre la politica si fa a prescindere. «Purtroppo in Italia si vota sempre – scrive Marco Damilano sul suo blog – ogni anno, ogni sei mesi, ma senza nessun obiettivo preciso. Oppure, si fa in modo di non votare mai. E se proprio devono svolgersi le elezioni si mettono i votanti in condizione di non nuocere. Questo enorme problema democratico ha portato, finora, all’emersione di un’ondata anti-partitica che non ha paragoni in Occidente».
Matteo Renzi si è presentato come rappresentante di un modo nuovo di fare politica, non incline a manovre, accordi, poltrone e nomine da manuale Cencelli, in favore di un approccio meritocratico e subordinato alla legittimazione popolare, eppure in pochi giorni ha ribaltato completamente l’aspettativa che si stava creando (a giudicare dai risultati delle primarie) attorno a lui. Fino a prima di questa crisi di governo, il futuro sembrava chiaro: si fa una nuova legge elettorale, si va alle elezioni e si comincia una pagina nuova, scritta da chi le vincerà. Invece no, si è scelta la via più breve. Che è poi anche la più ovvia in Italia, perché non dimentichiamoci che nel nostro Paese sono sempre state frequenti, fino a prima dell’avvento di Berlusconi e dei suoi lunghi governi, i cambi di leadership durante la legislatura. I governi italiani sono sempre durati poco, ma le legislature no. Paradossalmente, Silvio Berlusconi (il caimano, quello delle leggi ad personam, l’uomo solo al comando), è stato l’ultimo presidente del Consiglio espressione diretta di un voto popolare. Dopo le sue dimissioni nel 2011 si sono avvicendati Mario Monti, Enrico Letta e ora Matteo Renzi, che a giorni tornerà da Giorgio Napolitano a sciogliere la riserva, nessuno dei quali ha mai vinto un’elezione come candidato premier. Lungi da noi, come sempre, schierarci con qualcuno, ma desta preoccupazione vedere come in Italia, ogni volta, ciò che si presenta e si impone come il “nuovo” sia solo una rivisitazione, con taglio di capelli e completo nuovo, del vecchio, del già noto, e presto dimenticato.