Fin dal suo primo discorso davanti al Parlamento, poco prima di chiedere la fiducia, il governo ha posto tra le incombenze a più alta priorità per il suo mandato la scuola. Non solo dal punto di vista del funzionamento, e quindi di eventuali riforme, ma proprio del recupero degli edifici scolastici. Così si esprimeva Matteo Renzi davanti al Senato: «Dalla capacità di educare, di tirare via, di tirare fuori (nel senso latino del termine) nasce la credibilità di un Paese, ma per farlo c’è bisogno della capacità di garantire una concretezza amministrativa. Con quale credibilità possiamo dire questo se continuiamo a tenere gli investimenti nell’edilizia scolastica bloccati da un Patto di stabilità interno che almeno su questa parte va cambiato subito?». La domanda, a livello retorico, funziona benissimo.
Il governo si è in effetti impegnato a dare seguito all’intenzione di intervenire con decisione per ristrutturare le scuole, predisponendo un piano diviso in tre filoni: «Si tratta della costruzione di nuovi edifici scolastici o di rilevanti manutenzioni, grazie alla liberazione di risorse dei comuni dai vincoli del patto di stabilità per un valore di 244 milioni (#scuolenuove) e del finanziamento per 510 milioni dal Fondo di sviluppo e coesione, dopo la delibera Cipe del 30 giugno, per interventi di messa in sicurezza (#scuolesicure), di decoro e piccola manutenzione (#scuolebelle)». Su quest’ultima parte sono stati diffusi nei giorni scorsi alcuni dati piuttosto trionfali sullo stato dei lavori, poi ritoccati al ribasso dopo che un articolo di Corrado Zunino aveva rilevato un’incongruenza con i dati rilevati per altre vie (non sappiamo ovviamente se l’aggiornamento dei dati sia direttamente collegato all’articolo, ma la successione temporale è sospetta). « Il sito di governo, per esempio, dice che a luglio e agosto ci sono stati 1.465 interventi tutti eseguiti nelle scuole italiane – scrive Zunino –, perlopiù ritinteggiature e piccole manutenzioni. L’aggiornamento ministeriale, che arriva a tarda ora, riduce ampiamente il “già fatto”: sono 918 “i lavori ad oggi terminati”, 547 in meno dell’annunciato».
Si può guardare online l’infografica ministeriale prima e dopo la “cura dimagrante” seguita al riconteggio degli interventi realizzati. Erroneamente, nell’articolo di Zunino (come in altri) si imputa al governo la responsabilità di aver realizzato finora solo «lavori facili», come appunto tinteggiature e piccole riparazioni, ma è appunto questo l’intento del filone chiamato #scuolebelle. Detto questo, hanno comunque grande rilevanza le rimostranze presentate, per esempio, dall’Asal, l’associazione delle scuole autonome di Roma, che raccoglie 250 istituti, contenute in una lettera rivolta al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini: «“Molti lavori di questa prima fase sono inutili, servono solo per reimpiegare lavoratori, alle scuole servono a poco”. I contratti firmati in tutta velocità con i sindacati hanno fatto assoldare muratori estemporanei (ex lavoratori socialmente utili, in altri casi ex bidelli e vigilantes) con un’età media superiore ai 50 anni, per due terzi donne. Per contratto non possono ritinteggiare corridoi e aule oltre i due metri d’altezza, “e solo con il rullo”. Gli “ex” riattati a riparatori non possono salire su tetti e ballatoi, su impalcature esterne e interne e “spesso non hanno gli strumenti per realizzare lavori complessi”. I vetri rotti, c’è scritto, si sostituiscono solo al piano terra dell’istituto».
Sono gli interventi “pesanti” di ristrutturazione e messa in sicurezza a chiedere giustizia a gran voce. Certo, faranno meno audience perché più impegnativi e costosi da avviare, il che li rende meno adatti a costruire notizie a effetto da grande rush governativo, ma sono pur sempre la massima priorità per le aree del nostro territorio in cui il tempo, il clima, l’incuria e talvolta l’incompetenza hanno ridotto molte scuole in condizioni di semi-fatiscenza. «A Rivoli – scrive ancora Zunino – il liceo scientifico Darwin, che nel 2007 seppellì sotto il tetto crollato Vito Scafidi, 17 anni, ha ancora aree impraticabili per lavori in corso: prima il sequestro giudiziario, poi la mancanza di soldi della Provincia proprietaria dell’immobile. In questi giorni le tv hanno riproposto lo stato della scuola Leopardi di Napoli, a Fuorigrottta: ascensori fuori servizio, intonaci che si staccano, porte tenute aperte con il filo, rifiuti attorno».