Tra le economie europee, quella spagnola non è certo tra le più in forma in questo periodo. Recessione e disoccupazione avanzano, e pare ci sia chi invoca la nomina di un governo tecnico sullo stile di quello guidato da Mario Monti. C’è però un settore che non sembra per niente in crisi: quello degli emoderivati. La multinazionale Grifols, con base in Spagna ma presente con laboratori di grandi dimensioni e centri raccolta anche negli Stati Uniti e nel resto d’Europa, ha infatti registrato un record di profitti nel primo semestre del 2012. Secondo un comunicato riportato dal giornale online Terra, la compagnia ha registrato un guadagno netto di 133,5 milioni di euro nei primi sei mesi di quest’anno, moltiplicando per sette (+591 per cento) il guadagno registrato a giugno 2011 (19,3 milioni). Grifols gestisce così un patrimonio di inestimabile valore, ossia gli emoderivati, in una situazione di monopolio rispetto al sistema sanitario nazionale. Con 2.390 persone impiegate nelle due sedi spagnole (Parets del Vallés, Catalogna, e Las Torres de Cotillas, Murcia), e 8.342 nelle sedi dislocate nel resto d’Europa (dati aggiornati a maggio 2012), la multinazionale tiene in pugno la gestione di emoderivati in Spagna. Tanto che in uno dei documenti pubblicati da WikiLeaks, secondo il Guardian, essa figurava nell’elenco dei tre centri d’interesse che gli Stati Uniti ritengono strategicamente importanti nella penisola iberica, assieme allo stretto di Gibraltar e al gasdotto verso l’Algeria.
Ma il monopolio privato di emoderivati produce distorsioni nel sistema sangue. Tant’è che ad aprile di quest’anno arrivò la proposta choc del presidente Vìctor Grìfols al governo, ossia che si permettesse di pagare i donatori di sangue per il loro gesto, come forma di introito utile soprattutto ai tanti disoccupati sparsi per il Paese. Il ministro della Salute ha ricordato che in Spagna la donazione di sangue è “voluntaria y altruista” dal 1985, per assicurare una maggiore qualità e garanzia a chi dona e a chi riceve. Grìfols ha risposto liquidando l’idea della gratuità come concetto “romantico”, legato al periodo della Guerra civile spagnola, e aggiungendo che i 147 centri di raccolta che gestisce negli Stati Uniti potrebbero essere aperti in Spagna e generare 5-6mila posti di lavoro, a cui si sommerebbero i 500-600 milioni di dollari in retribuzioni verso i donatori.
È a questi scenari che dobbiamo guardare con attenzione, per essere pronti ad affrontarli quando si presenteranno anche in Italia. Come già scritto in diversi articoli, il sistema della raccolta sangue italiano sta affrontando una fase di passaggio cruciale, che dovrà portarlo entro il 31 dicembre 2014 al rispetto dei parametri licenziati dalla Conferenza Stato-Regioni con l’accordo sui “Requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie dei servizi trasfusionali e delle unità di raccolta del sangue e degli emocomponenti”. Tale traguardo, lo ribadiamo, è fondamentale perché permetterà di “certificare” il sangue donato tramite Avis presso le aziende di plasmaproduzione, contribuendo così in maniera determinante all’autosufficienza di emoderivati, e andando inoltre ad alimentare un processo remunerativo per il Servizio sanitario nazionale. Da questo punto di vista, la Spagna non è così lontana.
Cosa faremo quando il Grìfols di turno (o magari proprio l’originale) verrà a dirci che «se un giorno gli Stati Uniti decidessero di smettere di esportare plasma, l’Europa non avrebbe più plasma»? Meglio chiederselo oggi e agire di conseguenza, togliendo dalle mani dei privati il monopolio di una risorsa che è e deve restare pubblica. E che va sfruttata meglio, perché se è vero che in un momento di crisi come quello attuale la terza più grande compagnia di lavorazione di emocomponenti al mondo è in grado di produrre guadagni del genere, allora stiamo parlando di un settore altamente remunerativo, su cui si dovrebbe investire con grande decisione, in modo da restituire un grande beneficio alla società, a fronte di un ritorno per le casse del Servizio sanitario. Saremo abbastanza lungimiranti per capirlo in tempo?