Continuiamo le nostre riflessioni sulle potenzialità di internet, vere o presunte, soffermandoci sul suo potere “rivoluzionario” (parola ricorrente) in merito alla partecipazione politica diretta dei cittadini. Lo diciamo subito, siamo piuttosto scettici sulla possibilità che possano avvenire cambiamenti sostanziali nel modo di partecipare alla vita pubblica da parte dei cittadini grazie a internet. Chi fa previsioni di questo tipo forse non si rende conto di quanto tempo sia passato da quando per la prima volta si immaginavano scenari futuri di partecipazione diretta sul web. Siamo davvero sicuri che partecipare a una votazione online ci renda più attivi rispetto al sistema della democrazia rappresentativa? Vogliamo davvero che ogni problema passi per una discussione sul forum di un sito? C’è il tempo di fare tutto ciò? E soprattutto, quale sarebbe il livello di partecipazione a iniziative del genere? Sono anni che si discute di questi temi, eppure non ci sono casi reali in cui queste ipotesi abbiano preso forma in maniera significativa.
Una ricerca del Censis pubblicata a giugno rileva che «Oggi solo il 15 per cento degli italiani crede che la diffusione delle tecnologie digitali abbia prodotto nell’ultimo anno cambiamenti in meglio nell’organizzazione dei movimenti politici (per il 35,3 per cento c’è stato invece un peggioramento) e nella formazione delle opinioni politiche (il 28,8 per cento vede, al contrario, cambiamenti in peggio). E soltanto il 19,8 per cento riferisce miglioramenti dovuti ai nuovi media nella partecipazione dei cittadini». C’è sempre chi continua a parlarne, a preconizzare svolte epocali, ma tutto resta più o meno come prima. È dunque legittimo sospettare che si tratti pensieri che nascondono un’ideologia di fondo intrisa di fiducia incrollabile verso le potenzialità della rete, al di là di qualsiasi dato oggettivo. Magari ci sbagliamo e c’è solo da aspettare ancora qualche decennio, ma ci sembra per lo meno opinabile l’imminenza di internet come strumento di governo da parte dei cittadini.
C’è un’altra sfida che invece, almeno in Italia, stiamo perdendo, ossia quella che potrebbe portarci a trovare in internet un canale di comunicazione diretta -questa sì- tra cittadino e Stato, soprattutto nel senso di uno snellimento burocratico. Quante sono le pratiche che si potrebbero sbrigare direttamente online, dal proprio computer, senza passare per costosi intermediari, senza perdere ore in inutili code? Negli Stati Uniti la dichiarazione dei redditi è gestita attraverso appositi software che aiutano il cittadino a fare tutti i calcoli, e poi presentare via web i dati per ottenere l’importo a debito o a credito. Gratuitamente. Perché in Italia dobbiamo ancora versare centinaia di euro ai commercialisti per una cosa che potremmo fare per conto nostro? Oppure pensiamo al kit per il permesso di soggiorno. Si tratta di una serie di moduli che può essere ritirata negli uffici postali. Non tutti, solo quelli che offrono il servizio. Non sempre, perché appena arriva finisce e allo sportello nessuno sa mai dire quando arriverà di nuovo. Poi va presentato in questura, ma bisogna mettersi in coda dalla notte prima, e aspettare, perché con la ressa che si forma il rischio di non essere ascoltati prima della chiusura è alto. Si inizino a compiere ulteriori sforzi in questa direzione, e a far funzionare i meccanismi democratici nella direzione prevista dalla Costituzione. Di internet si cominci con lo sfruttare meglio le potenzialità che già esprime. Per fantasticare ci sarà tempo magari più avanti, non ora.